Capitale:
Naypyidaw
Moneta:
Kyat
Periodo migliore:
La stagione ideale per un viaggio in Myanmar va da novembre ad aprile, periodo in cui il caldo non è eccessivo e le piogge sono meno frequenti.
In una parola:
Mingalabar (buongiorno)
Vaccini:
La malaria è presente tutto l’anno, specialmente nelle foreste, in montagna e nelle zone di frontiera. Non si rischia di contrarla nelle città principali.
Avvertenze:
– Non date da mangiare alle scimmie e non tentate di toccarle: possono essere aggressive e portatrici di rabbia.
– Per ragioni di sicurezza si raccomanda prudenza nelle aree al confine con la Thailandia, il Bangladesh e Cina
A tavola:
In Birmania, si inizia la giornata di buon mattino con una ricca colazione. Il pranzo invece non è molto importante. Segue una merenda costituita da tè con latte concentrato e dei naan o qualche altro snack. La giornata finisce con la cena, dove tutti i membri della famiglia si riuniscono intorno a una tavola bassa e dove tutti i piatti vengono serviti insieme.
Esperienze da vivere:
Perdersi nel mistico complesso di Shwedagon tra fedeli devoti che pregano; Ammirare i templi senza età di Bagan da una mongolfiera; Percorrere il ponte di U Bein, il ponte in tek più lungo del mondo mentre tramonta il sole
La Birmania (Myanmar, secondo la più recente dizione) è uno dei paesi più affascinanti e mistici, ricco di luoghi e attrazioni di grandissimo interesse culturale, artistico e paesaggistico.
Consigliamo di organizzare l’itinerario seguendo un cerchio attorno a quattro destinazioni: Yangon, Inle Lake, Mandalay e Bagan. Queste località sono punti di appoggio ideali per numerose escursioni: vicino a Yangon si trova il delta del fiume Irrawaddi (Irrawaddy); vicino a Mandalay si trovano Amarapura, Ava e Sagaing; vicino a Bagan si trova il Monte Popa e di girare, come abbiamo fatto noi, utilizzando la loro rete di bus perché sono abbastanza confortevoli e coprono le distanze più lunghe in meno tempo.
Dal momento che si arriva all’alba, è bene avere già la prenotazione della guesthouse/hotel per evitare di dover trascorrere ore a zonzo prima di trovare alloggio o di poter fare il check in.
Il Myanmar si mostra come un Paese ancora genuino e conservatore delle proprie tradizioni e depositario di una spiritualità millenaria. Nulla a che vedere con i grandi flussi turistici che ogni anno invadono la Thailandia, il Vietnam o la Cambogia.
Il Myanmar è, infatti, ancora escluso dalle principali rotte turistiche, il che gli permette di preservare una certa originalità. Il Paese è, infatti, rimasto isolato dal mondo per molto tempo, governato e sottomesso da governi militari e dittature intransigenti, prima di aprire ufficialmente le proprie frontiere ai viaggiatori internazionali pochi anni fa.
Viaggiare in Myanmar è molto economico, anche se ultimamente l’aumento della richiesta ha fatto lievitare i prezzi dei servizi. In generale, però, si mangia con pochi spiccioli e si dorme con pochi euro (la media per una camera doppia è di 15/20 dollari, per un posto letto in dormitorio vale invece 5/7 dollari). In rapporto i trasporti sono leggermente più cari in proporzione ai servizi offerti.
Il Myanmar è un Paese sicuro. Nonostante le tensioni interne dovute e dissidi etnici e politici, il viaggiatore straniero è tutelato al 100%. C’è molto controllo a riguardo, e nelle zone a rischio (principalmente i confini con il Bangladesh e quelli con la Cina), non è permesso addentrarsi. In pratica, alcune zone sono trattate come proibite, per cui il viaggiatore, nel caso riesca a spingersi in tali aree, viene immediatamente respinto.
Il nostro itinerario suggerito (16 giorni) | |
tre giorni: | Yangon (visita allo Shwedagon) |
tre giorni: | Nyaung Shwe (escursione in barca nel lago Inle) |
tre giorni: | Mandalay (visita ai villaggi di Amarapura, Inwa e Sagaing) |
una settimana: | Nyaung U (visita ai magnifici templi di Bagan), Kyaiktiyo (visita alla Roccia d’oro), Yangon |
Eccoci nella storica Yangon: ex capitale del Myanmar, testimonianza perfetta della travagliata storia del paese. Ospita il maggior numero di edifici coloniali del sud est asiatico e splendidi parchi, che le valgono l’appellativo di città giardino dell’Asia.
Ex capitale perché nel novembre del 2005, la giunta militare che era al potere, annunciò improvvisamente che la capitale del paese sarebbe stata spostata nell’arco di pochi giorni da Yangon (Rangoon) a una nuova località circa 320 km a nord.
Gran parte degli abitanti del paese non ne era a conoscenza, ma da anni, con l’aiuto di ingegneri cinesi, la giunta militare stava costruendo una nuova capitale in una remota area di foreste di bambù e campi di canna da zucchero. Le date dell’inaugurazione e della proclamazione del nuovo nome della città, Naypyidaw o “città dei re”, furono scelte dai militari consultando i loro astrologi di fiducia (l’astrologia, insieme alla magia nera, era un’ossessione dei generali). Proprio per questo motivo, da un giorno all’altro, modificarono il nome della nazione (da Birmania a Myanmar), il nome della città principale (da Rangoon a Yanon), la bandiera e la capitale (da Yangon a Naypyidaw)!
Da lontano, come Ulisse con le sirene, veniamo attirati dalla grande pagoda d’oro dello Shwedagon, eccoci aggirarci per questo piccolo villaggio religioso formato solo da templi, tanti luoghi di preghiera dove fedeli pellegrini provenienti da tutto il Paese pregano ed affidano le proprie speranze e desideri ai mille Buddha presenti un po’ dappertutto.
Proprio dei ragazzi locali ci consigliano di visitare, in un tempio non lontano, la “statua del Buddha disteso”…
Mezz’ora dopo, con lo sguardo rivolto verso l’alto e la bocca aperta ammiriamo quest’immensa opera d’arte. Dobbiamo addirittura arrampicarci su un piedistallo per avere una visuale completa della scultura.
Conosciamo un vecchietto che ci invita a visitare l’area abitata dai monaci buddisti… un luogo fuori dal tempo…
La forte fede buddhista permea credenze, usanze, tradizioni e norme di buona educazione. Per essere rispettosi, è bene seguire alcune norme di comportamento essenziali.
Di seguito brevi cenni sui comportamenti da tenere e cose da evitare:
Oggi lasciamo la bella Yangon alla volta della cittadina di Nyaung Shwe, sul lago Inle.
Viaggeremo tutta la notte su un autobus locale all’interno del quale vengono proiettati, dalla piccola televisione di bordo, una serie di vecchi films birmani a volume altissimo!
Attraversiamo piccoli villaggi con rare case, qualche pagoda sbuca qui e lì di tanto in tanto, il resto è formato da infiniti campi di riso che incorniciano il paesaggio circostante.
Fuori è buio pesto quando l’autista mi scuote avvisandoci che siamo arrivati alla Junction per il Lago Inle. Sono le 5.10 del mattino e siamo ad una dozzina di km dalla nostra meta. Scendiamo in sette dal bus (noi, un cino-malese, due tedesche ed un francese); saliamo sull’unico pick up disponibile e proseguiamo per Nyaung Shwe, un piccolo villaggio vicino al lago.
Lago Inle: con i suoi 116 chilometri quadrati è il più grande lago del Myanmar ed è facilmente navigabili con imbarcazioni simili a gondole con motore. Vi sono anche diversi hotel su palafitte in cui è possibile alloggiare a prezzi molto ragionevoli.
Ricordate che qui, nel mese di ottobre, si svolge il celebre Festival della Pagoda Phaung Daw Oo, uno degli appuntamenti religiosi più importanti dell’anno!
Ci facciamo guidare dalla nostra Lonely Planet, decidiamo di alloggiare presso il “Gipsy Inn” e dal balcone della nostra umile stanza mi incanto ad osservare lo svolgersi della loro vita quotidiana. Sembra un film!
Manco il tempo di lasciare i nostri zaini in camera che sfrecciamo su una delle veloci barche locali, ci infiliamo in una lunga serie di canali notando che in un posto così impervio tutto vive sulle palafitte, persino il porcile!
È domenica oggi! È giornata di mercato… Ogni mondo è paese. Chi vive in montagna scende al lago per vendere la propria merce.
Ci incantiamo ad ammirare ogni singola bancarella, ci fermiamo a chiacchierare con chiunque si avvicini a noi, curiosiamo ovunque e ci innamoriamo della semplicità della gente!
Visitiamo laboratori di seta di loto, di ombrelli, di souvenirs di ogni genere e forma fino all’impressionante l’incontro con le “donne giraffa”, una minoranza etnica; sarà per tradizione o per usi locali o per qualunque altro motivo ma lascia molto da pensare che oggi esistano ancora dei “costumi” così crudeli.
Proseguiamo visitando una grande pagoda buddista, poi un monastero ed infine ci perdiamo nelle stradine di uno dei tanti villaggi.
Abbiamo la faccia tosta di entrare in varie case ed in ognuna di esse l’accoglienza è sempre molto calorosa!
Ti colpisce il cuore quando vedi quelle umili persone che non hanno nulla di materiale offrirti un mandarino, una sigaretta o un the.
Stamattina ci svegliamo presto. Esco subito per strada lungo il canale.
Mi guardo attorno sbalordito. Mi sembra di vivere in un documentario…
Tre uomini con il classico non la (cappello tradizionale vietnamita) sono accovacciati lungo il canale, un ciclo-rickshaw trasporta un donnone con gli occhi a mandorla, due bimbetti in uniforme bianco e verde vanno contenti a scuola, due vecchiette con il capo avvolto da un asciugamano colorato tornano dal mercato.
Lungo il percorso verso il mercato di Nyaung Shwe veniamo attratti dalle litanie provenienti da ciò che sembrava un monastero.
Non potevo crederci! Ecco davanti a noi una ventina di bambini, piccoli monaci buddisti, che pregano recitando una sorta di mantra, sono in piedi da chissà quanto tempo, hanno il divieto di sedersi. Siamo davvero rapiti, non so quante foto abbiamo scattato, uno scatto dopo l’altro che rimaneva per sempre impresso nelle nostre menti.
Erano piccoli ed avevano voglia di giocare tra di loro, alcuni si tiravano la tunica, altri si passavano il tappetino della preghiera a mò di pallone ma appena rientrato il maestro tutto ritornava in perfetto ordine.
Siamo rimasti circa un’ora ad osservarli dopodiché i piccoli monaci sono ritornati nella loro grande camerata.
Ripartiamo senza meta.
Giungiamo ad un tempio, nel nulla, con un Budda maestoso che domina la scena, sullo sfondo un villaggio… ci incamminiamo per raggiungerlo. Dalle palafitte le famiglie ci chiamano per invitarci ad entrare nelle proprie abitazioni.
Che bella esperienza seduti in una casa birmana attorniati da visi dolci e solari, ci hanno offerto mandarini e milioni di sorrisi.
“Save me from drowning in the sea…” – così cantava Robbie Williams nella sua stupenda “Road to Mandalay”.
La nostra road to Mandalay, invece, è stata davvero dura… dodici ore di bus percorrendo strade tortuose a ritmo di musica birmana ad altissimo volume, il mio stomaco mi ha maledetto ma fortunatamente ha retto!
Alla fine raggiungiamo questa antica città birmana alle prime luci dell’alba e, a bordo di un pick up, insieme ad una famigliola locale, arriviamo nel nostro hotel prenotato da Yangon.
Soprannominata la città dei gioielli per la straordinaria finezza della sua giada, Mandalay è il cuore pulsante del Myanmar che guarda al futuro, è una città dal grande passato, dove è possibile trovare alcuni dei più affascinanti templi di tutto il paese.
Decidiamo di partire subito alla scoperta delle tre città antiche nei paraggi di Mandalay.
Amarapura. La città dell’”immortalità”, famosa per il U Bein’s bridge, il ponte in teak più lungo del mondo (1,5 km) che collega il villaggio di Kyauktawgyi Paya a quello di Taungthaman. E’ una delle angolazioni più fotografate in Birmania; è possibile noleggiare una barca e visitare tutta la zona, a fianco di agricoltori, pescatori, monaci e monache.
È molto suggestivo percorrerlo incantandoci ad ammirare i vari scorci che il paesaggio riesce a donarci. Quale miglior premio di una frittella di gamberetti e un enorme granchio a fine traversata?
Al di sotto del ponte, i pescatori lanciavano le reti per ritirarle immediatamente dopo colme di pesci.
Inwa. Dobbiamo prendere una barca per raggiungere l’altra sponda del fiume ed un carretto trainato da un cavallino per ammirare i resti di questa antica città ormai defunta ma che in passato è stata per ben quattro secoli capitale della Birmania.
Sagaing. Superato il ponte di Ava si raggiunge la collina di Sagaing. Luogo sacro e pittoresco grazie ai tanti stupa che dall’alto sembrano spuntare un po’ ovunque come grandi funghi d’oro.
Si fatica abbastanza per conquistare la cima arrampicandosi sui gradini che sembrano non finire mai! Ma una volta sulla sommità la vista offerta ti ripaga di tutto il sudore versato!
Mi fermo a chiacchierare con un monaco buddista che riposa fuori di uno dei tanti templi. Finalmente uno che parla inglese! Ho mille domande da porgli, sono molto incuriosito dalla loro vita, dal loro rigore, dalla loro disciplina. Discorrendo scopro che non tutti quelli che vediamo in giro sono monaci nel senso stretto che intendiamo noi, molti indossano la rossa tunica per periodi molto brevi per accontentare i genitori (come nel suo caso) o solo per “elevare lo spirito”. Questa scoperta mi ha lasciato alquanto perplesso.
È ora di ritornare ad Amarapura per ammirare il tramonto dal ponte U Bein.
Ogni parola è superflua per decantare quel magnifico spettacolo ed ancora mi batte il cuore se ripenso alla scena dei monaci che, in fila indiana, percorreva il lungo tragitto in legno mentre il sole dava spazio alle tenebre!
Siamo pronti alla lunga camminata che ci condurrà alla conquista della Mandalay Hill.
Costeggiamo il palazzo Reale e ci ritroviamo in una specie di processione per ammirare il “dente di Budda” proveniente direttamente dalla Cina…
Dopo aver mangiato una pannocchia ed una banana per strada, gradino dopo gradino, raggiungiamo la cima dove ci attende una vista della città a 360°.
In una pianura immensa si elevano centinaia di templi che testimoniano lo splendore di una civiltà passata.
Bagan (anticamente Pagan), la ciliegina sulla torta di un Paese incredibile, uno dei siti archeologici più spettacolari del mondo, conosciuta come la città dei 10.000 monumenti, un luogo difficilmente descrivibile a parole.
È domenica mattina qui a Bagan!
Dopo la colazione sul terrazzino dell’Eden Hotel mi rilasso sulla sedia a dondolo sul balcone che dà sulla strada principale, proprio di fronte la nostra stanza.
Un vecchio monaco dai calzettoni gialli chiacchiera del più e del meno con un suo coetaneo, un ciclo rickshaw passa con a bordo due bambini con un lecca lecca in mano a testa e penso che sarà sicuramente il papà che porta a spasso i propri figli in questo giorno di festa…
Un venditore di palloncini colorati si affretta a raggiungere il mercato qui vicino. Il ristorantino con il cartello “Myanmar food” ha appena aperto ed il proprietario è sull’uscio in attesa dei primi clienti; due carrettini trainati da cavalli stazionano sotto il nostro balcone sperando in qualche turista; un trattorino trasporta delle contadine di chissà quale villaggio dirette al mercato.
Io mi guardo intorno, respiro profondamente ed in cuor mio ringrazio Dio e Buddha per ciò che viviamo quotidianamente!
La Old Bagan è un susseguirsi di magnifici templi. Tra tutti mi ha colpito particolarmente il Manuha Paya, caratteristico per il grande Buddha vestito di rosso. All’interno regna una pace assoluta…
Quasi per puro caso assistiamo alla cerimonia di iniziazione dei piccoli monaci, ci ritroviamo in mezzo a tante famiglie birmane eccitate per ciò che sta per accadere ai loro figli; ci sono bambini e bambine di varie età, dai tre ai dieci anni, vestiti a festa, di bianco e con tanti brillantini e ornamenti colorati. I parenti tutti attorno ci chiedono di scattare foto ai propri figli o nipoti. Chiacchieriamo con un papà che ci dice che la cerimonia continuerà con il taglio dei capelli e la vestizione dell’abito rosso dei monaci.
Vediamo tutti i bimbi seduti su sgabelli e vecchi monaci intenti a rapare le loro piccole testoline, subito dopo tutti nudi ad essere lavati in grosse bacinelle d’acqua per poi radunarsi dinanzi ad un palchetto dove monaci anziani intonando una sorta di mantra consegnavano loro piccoli abiti da monaci.
Prima di ritornare a Yangon, è obbligatoria una breve puntata ad ammirare la cosiddetta: Roccia d’Oro, o Golden Rock, uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio di tutto il Myanmar.
Conosciuta anche come Pagoda Kyaiktiyo, richiede un lungo viaggio da Yangon passando per Bago, interessante città che offre spunti per numerose escursioni, come la visita dello stupa più alto di tutta la Birmania.
La pagoda Kyaiktiyo e’ un piccolo stupa alto poco più di 7 metri costruito sulla sommità di un masso di granito ricoperto da numerosi strati di foglie d’oro attaccate dai devoti. Secondo la leggenda la roccia si troverebbe in perfetto equilibrio sopra ad un capello del Buddha. La roccia, la pagoda e tutte le strutture costruite attorno ad essa si trovano sulla cima al monte Kyaiktiyo, e si dice che basti una visita a questo luogo per convertirsi al Buddhismo. Nonostante i leggeri terremoti e le intemperie questa roccia non si e’ mai mossa , anzi, si dice che chi provo’ a muoverla si sia risvegliato in un corpo di scimmia.
Il punto di partenza per la visita della Kyaiktiyo Pagoda è la piccola cittadina di Kyaikto, situato nel Distretto di Thaton (Stato Mon).
Da Kyaikto si procede a bordo di un taxi locale fino a raggiungere il villaggio di Kinpun (circa 15 km), da cui si prosegue a bordo di una sorta di camion fino a Ya Thay Taung, località situata a 1,000 metri di altitudine (circa 30 minuti la durata del tragitto).
Qui inizia il percorso pedonale, da percorrere rigorosamente scalzi (è considerato luogo sacro), che conduce alla Golden Rock Pagoda (circa un’ora la durata del tragitto).
Rieccoci, dopo un’intera notte di viaggio in bus, a Yangon, ma ormai siamo abituati.
Ultimo giorno in Myanmar, andiamo alla scoperta del colorato e famoso mercato di Bogyoke per poi finire a bere un drink nel celebre Hotel Strand, l’albergo che in passato fu il ritrovo di spie internazionali e illustri scrittori e giornalisti.
Myanmar, terra incontaminata, naturale, vera. Terra di sorrisi onesti e dolci.
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Bangladesh Capitale:Dacca Moneta:Taka Periodo migliore: L’inverno (da novembre a febbraio)
4 Responses
Bene mi sembra di aver viaggiato con voi ” magari” un viaggio interessante con tutte le loro particolarità mi sembra strano che questi bambini decidano di diventare monaci ….mi piace molto….
Grazie mille cara Angioletta, il diventare “monaci” è una forma di purificazione dello spirito oltre che un vanto per la famiglia e poi non è una scelta definitiva.
Millennials face another challenge for the track to homeownership. Phedra Aluino McDonald
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