Capitale:
Damasco
Moneta:
Lira Siriana
Periodo migliore:
Climaticamente parlando: la primavera (da metà marzo a fine aprile) e l’autunno (da fine settembre a metà ottobre), quando il caldo non è troppo intenso, sono le stagioni migliori per fare un viaggio da queste parti. In inverno ci possono essere piogge abbondanti in gennaio e febbraio. Partire durante il Ramadan, quando molti esercizi osservano un orario limitato, richiede una certa pianificazione.
In una parola:
Marhaba (ciao)
Vaccini:
Nessuno
A tavola:
Il pane (khobz o pita) è buonissimo ed è presente a ogni pasto sulla tavola. Accompagna bene i mezze, originari del vicino Libano, che danno modo ai bambini di assaggiare tanti piatti diversi. I giovani carnivori apprezzeranno gli shawarma, sandwich ripieni di carne di montone o pollo cotto allo spiedo e che si vendono un pò ovunque.
Avvertenze:
– La situazione è così instabile e pericolosa da evitare, per un bel pò di tempo, viaggi in Siria.
Esperienze da vivere:
Perdersi nel magnifico souq di Aleppo; Passeggiare lungo le rovine della mitica Palmira; Ammirare il tramonto dal Crack del Cavaliere
Ormai quando si nomina la Siria appaiono subito e solo immagini di devastazione, di guerra, di sogni infranti, di dolore ma la Siria è stato tutt’altro fino a pochi anni fa. Ho avuto la fortuna e l’onore di visitarla e di viverla a soli pochissimi mesi prima di questa devastante guerra.
Con questo reportage voglio mostrare un volto di una terra diverso dall’immaginario che ormai si è creato, il volto della sua gente ignara di ciò che, di lì a poco, avrebbe cambiato per sempre la propria esistenza, il volto dei bambini, dei siti storici e archeologici che non esistono più; di una vita che spero, presto, possa ritornare a fiorire nuovamente. Tutto ciò che racconto non esiste più ma mi fa piacere condividerlo perchè è esistito!
Questo è il racconto della mia esperienza in Siria!
Il nostro itinerario suggerito (15 giorni) | |
quattro giorni: | Damasco, Bosra (visita alla città nabatea), Shabba (mosaici) |
quattro giorni: | Hama (Norie Bechriyyat), Crack des Cavaliers, Maalula (visita Monastero S. Tecla, Monastero San Sergio, Monastero Mar Misa) |
tre giorni: | Apamea e Palmira (visita ai siti archeologici), Dura Europos (visita al forte), Mari, Deir ez Zur |
quattro giorni: | Aleppo (visita alla chiesa di S. Simeone, Cittadella e souq) Ebla (visita al sito archeologico), Sergilla (visita alla città morta) |
Il primo impatto con la capitale siriana è forte… arriviamo nel cuore della notte (circa le 3,30) in un venerdì di festa islamica…
La città dormiva già da un pezzo anche se ogni tanto sbucava qualche personaggio: il gommista aperto 24 ore su 24 che sonnecchia sprofondato nella sua poltrona, il vecchietto avvolto nel suo turbante marrone che sale le scale di un imprecisato edificio, il portiere del nostro storico albergo che improvvisamente s’è visto apparire alcuni italiani provati dal faticoso e noioso viaggio…
Questa città è molto misteriosa e mi dà l’idea di cospirazioni, complotti, tradimenti… mi intriga molto…
Il nostro hotel è in stile coloniale e molto vecchio, non antico, proprio vecchio e malandato… quasi inquietante, quelle immense stanze (vuote), i lunghi corridoi silenziosi…
Mattinata trascorsa tra le memorie greche, romane, fenicie nell’immenso museo nazionale che non mi ha colpito così tanto…
Ciò che adoro, invece, è vagare senza meta per le strade della città, mi affascina osservare la vita dei locali scorrere serena, bere un succo d’arancia e perdermi tra i profumi delle spezie dei souq…
Oggi visitiamo Bosra, città Nabatea, che risale ai tempi di Petra, e da cui dista solo 100 km.
In Siria i monumenti non sono valorizzati, anzi la stessa Bosra è stata abitata da siriani fino a pochi anni fa…
Da Bosra andiamo a Shabba per vedere alcuni mosaici e subito dopo ci muoviamo alla volta della moschea di Sayyida Zeinab, dedicata ad una parente di Maometto…
All’interno della moschea c’era un arabo che invitava alcune donne in chador nero a pentirsi per la morte di Hassan, nipote di Alì (???)… e loro piangevano disperate…
Da lì ci spostiamo verso la Cappella di San Paolo… da una religione all’altra in pochi passi!
Maalula ci ha presentato il Monastero di San Sergio e Bacco mentre una lunga gola tra le rocce ci ha condotti a quello di Santa Tecla.
Mi è molto piaciuto il Monastero di Mar Musa, arroccato su una collina rocciosa, raggiungibile solo dopo una faticosa camminata…
Attraverso un tunnel, tra mille affreschi, siamo sbucati nella biblioteca, lì c’erano cinque o sei ragazzi di tutto il mondo che scrivevano o leggevano o semplicemente si rilassavano… Ho scoperto che erano dei viaggiatori che s’erano fermati lì per qualche giorno, mi domandavo come fossero riusciti a giungere fino lì o anche solo come ne erano venuti a conoscenza, trasmettevano proprio un senso infinito di libertà…
Lo stato di degrado dei vari siti archeologici regna sovrano, la piana di deserto roccioso che abbiamo attraversato per raggiungere l’illuminata Hama era una piana di buste di plastica… erano orrendamente ovunque, bloccate tra i cespugli o rocce più grandi o addirittura in aria trasportate chissà dove dal vento… Osservando ciò non potevo fare altro che meditare sulle condizioni malate del nostro pianeta che in Occidente riusciamo ancora a camuffare agli occhi dei più mentre in posti del genere è troppo lampante!
Il “Crack del Cavaliere” è un castello che risale ai tempi di Saladino.
Immaginavo quanti eventi si sarebbero potuti organizzare in un posto del genere: mostre, esibizioni, spettacoli culturali invece che un triste, sporco e puzzolente “casolare” abbandonato dove la gente urina negli angoli più bui e nascosti…
Dopo un lungo trasferimento ci accoglie una luminosa Hama in festa con le famose “Norie Bechriyyat” (enormi ruote simili a quelle dei mulini)!
Aggirandoci ed addentrandoci tra le bancarelle che vendevano piante e fiori e dove il busto del presidente Bashir Assad è onnipresente, ci lasciamo ammaliare dal suono che proveniva da un tendone, noi lo seguiamo…
Entriamo e come in una macchina del tempo, mettendo piede all’interno del tendone, improvvisamente, ci ritroviamo proiettati indietro nel tempo…
Sembravano artisti degli anni ’30 o ’40 che si esibivano per un pubblico composto da qualche famigliola siriana che si scompisciava dalle risate quando i clown nani si prendevano a botte e si scandalizzavano quando un mimo imitava una coppia che si baciava…
Lo spettacolo contro ogni aspettativa è stato molto divertente… Acrobati, clown, maghi, giocolieri, funamboli, persino una donna (super coperta) che faceva le acrobazie!
Dolcissima la scena di una bambina incantata ad ammirare i clown che improvvisamente si volta verso di me e mi offre dei popcorn dal suo sacchetto… che tenerezza!
O le due donne islamiche che cercavano di comunicare in arabo con Nick indicando la macchina fotografica, noi temevamo che in un qualche modo le avessimo disturbate o magari ci avvisavano che non volevano essere fotografate… Allora hanno disposto le loro tre bambine davanti a noi e dopo una veloce pettinata ci hanno chiesto di fotografarle!
La serata termina su una ruota panoramica che ci mostra la luminosa città di Hama dall’alto.
Di buon mattino siamo già in cammino sotto alte colonne romane, ci troviamo ad Apamea…
E’ incredibile pensare che i romani siano giunti fino a qua, non come semplici viaggiatori ma come grande conquistatori.
350 km dopo ci accolgono Palmira e le sue rovine con un caldo torrido!
Da lontano, a mano a mano che ci avviciniamo alla cittadina, la lunga fila di colonne romane diventa sempre più nitida…
Palmira ha conosciuto un periodo di straordinario sviluppo nella piena età imperiale romana, città carovaniera, posta in un’oasi del deserto siriano a metà strada tra il Mediterraneo e l’Eufrate, deve prosperità e ricchezza alla sua posizione e alle vie commerciali che l’attraversavano.
Ancora ai giorni nostri Palmira, inserita dal 1980 nella lista redatta dall’UNESCO dei siti “Patrimonio dell’Umanità”, non cessa di affascinare i molti turisti – che oggi possono facilmente raggiungerla – con quella che appare, già al primo colpo d’occhio, come una sterminata selva di colonne.
Ben note sono anche le vaste e ricche aree sepolcrali che cingono il centro cittadino, caratterizzate da grandi tombe familiari di diverse tipologie, in cui erano posti i celeberrimi ritratti funerari dei ‘signori’ di Palmira e delle loro mogli: ancora numerosi a Palmira, sono inoltre diffusi ovunque, nei musei di tutto il mondo.
Lasciata Palmira puntiamo verso sud mentre i cartelli stradali continuano a ricordarci che ci stiamo avvicinando sempre di più all’Iraq!
Il paesaggio comincia a mutare repentinamente, una pianura di deserto roccioso diventa l’unico monotono sfondo colorato solamente dalla striscia grigia dell’asfalto dell’unica strada…
La mappa geografica della Siria sembra scorrere sotto le ruote del nostro piccolo pullmino bianco.
Con un caldo soffocante (il termometro del mio orologio segnava 41°) approdiamo prima a Dura Europos, un antico forte ridotto ormai ad un cumulo di grosse pietre, da lì ho raggiunto un’altura che sovrastava il mitico fiume Eufrate per meditare…
Poco dopo arriviamo a Mari. Una cittadina ellenico-romana risalente a 5000 anni fa. Mi soffermo un po’ con il nostro autista a gustare un tè alla menta, all’ombra di un grande albero con quello che appariva essere il capo villaggio! Mi son incantato ad osservare come scorreva la loro vita in quel caldo villaggio nel nulla, a soli 8 km dal confine iracheno!
Le donne e le ragazze della casa che, coperte dai loro veli, lavoravano: chi spazzava usando un’enorme foglia di palma, chi falciava l’erba, chi accudiva le galline, il tutto mentre un’orda di bambini chiassosi correva ed urlava ovunque!
Il viaggio di ritorno a Deir ez Zur è stato molto intenso. Dal finestrino del mio bus osservavo i tanti frammenti della loro vita quotidiana passare dinanzi ai miei occhi.
Le donne con enormi sacchi in perfetto equilibrio sulla testa che camminavano, vecchi dalla kefia rossa e bianca seduti che fumavano il narghilè, bambini che lavoricchiavano nei campi…
Il viaggio non è semplicemente spostarsi da A a B. Non è soltanto andare. E’ andare col corpo e ritornare con l’anima e col pensiero. Mentre si viaggia col corpo, l’anima compie, in ordine puramente sparso, un viaggio dentro di sé, quello che ha vissuto, amato, sofferto, odiato ed assaporato, tornando sui propri passi più volte.
Davanti a paesaggi infiniti e immensi, che la geografia del nostro Belpaese difficilmente può darci, ci si perde oltre l’orizzonte e la mente è libera di vagare tra l’azzurro dei cieli e mari e l’ocra dei deserti, addolcita dal verde delle oasi, dalla bellezza dei fiori che fanno da balsamo quando si ripensa ai momenti difficili. E fuori dal proprio mondo si capisce di più sè stessi, mettendosi alla prova, lontani dai propri punti di riferimento.
…E alla fine approdiamo ad Aleppo!
Aleppo mi ha subito colpito per la diversità dei suoi abitanti… Abituati a vedere le donne e le ragazze avvolte nei loro chador e nascoste dai loro veli, incontrandone tante vestite all’”occidentale”, mi ha tanto meravigliato.
Sono ancora molto lontane dal poter considerare il loro look: trendy, al momento sono molto kitch e abbastanza fuori luogo… però si avverte chiaramente una profonda mutazione, un grande cambiamento nelle generazioni future…
Aleppo, sarà per la vicinanza alla Turchia e quindi all’occidente, è la città meno “arabeggiante” che ho visitato… Lo è persino meno della stessa capitale Damasco!
Fiumi di taxi gialli che strombazzano, ringhiere che ospitano il pane arabo appena sfornato che si raffredda e si condisce di smog urbano, venditori di orologi placati d’oro, la voce del muezzin che riempie l’aria, donne in velo circondate da orde di bambini vocianti che passeggiano, ragazze che chiacchierano tra di loro maneggiando il cellulare in bella vista, negozi di intimo femminile molto pacchiano, venditori ambulanti di pannocchie che urlano mostrando la propria merce, vigili urbani dalla divisa molto coloniale che confondono ai semafori i già poco disciplinati conducenti, motorette antiche che sfrecciano trasportando tre o quattro ragazzi o addirittura intere famiglie….
Nel pomeriggio, dopo il panorama goduto dall’alto della chiesa di San Simeone, raggiungiamo la leggendaria Ebla.
Sergilla è la “città morta” meglio conservata e ormai riconosciuta patrimonio dall’UNESCO. Le cosiddette “città morte” della Siria risalgono al periodo Bizantino e si trovano nella zona tra Aleppo, Antiochia e Apamea, poste su un massiccio calcareo.
Sergilla era divenuto inoltre importante punto di ristoro per i pellegrini, tappa obbligata in una zona poco costruita.
A partire dal VII secolo, le continue guerre portarono alla totale distruzione delle viti e degli ulivi, fonte di sostentamento per la popolazione. Per questo le città vennero progressivamente abbandonate per sempre. Da qui “città morte”.
Il venerdì è il loro giorno di riposo e gli Aleppini ne approfittano per un pic-nic fuori porta.
Si organizzano con il furgoncino scoperto del capo famiglia e tutte queste donne col velo ed i loro bambini festanti partono per raggiungere la periferia della città… distendono una tovaglia sotto un albero, poco importa se si dispongono lungo l’autostrada o nel parcheggio di una fabbrichetta, mangiano ciò che le varie donne della famiglia hanno preparato mentre i bambini giocano, si divertono, si rincorrono e si sfrenano…
Visita alla cittadella, ossia la fortezza che domina da un’altura la cittadina di Aleppo…
Che bel panorama! Il tutto reso ancora più mistico dalla litania del muezzin che alle 12.00 in punto ha cominciato la sua predica: “…Allah Akbar…”
Ci immergiamo al 100% nel grande, labirintico e disorientante suq. Gironzolavo con Alaa alla ricerca di un badge siriano per il mio zaino, chiacchiere con Fadir, le lunghe compravendite con i tanti simpatici, calorosi e generosi siriani…
Veramente posso affermare di aver vissuto un’intera giornata a chiacchierare, scherzare, osservare i vari commercianti, dai venditori di spezie a quelli delle pashmine, da quelli di nocciole a quelli dei famosi saponi di Aleppo!
Tante ore vissute in quell’intrigante labirinto ed alla fine, mentre andavamo via, c’era già chi ci chiamava: “Italiani, Marhaba!”
Purtroppo la storia la conosciamo tutti e, solo pochi mesi dopo questo meraviglioso viaggio, la distruzione ed il terrore sono diventati i protagonisti della quotidianità siriana. Sono per sempre impressi nei nostri occhi e nei nostri cuori gli sguardi di quei bambini ignari del loro triste futuro e la speranza di una pace globale resta sempre la nostra quotidiana preghiera! A presto Siria!
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