Periodo migliore:
da maggio a febbraio
Vaccini:
Vaccinazioni consigliate: antitifica, profilassi antimalarica e per l’epatite A.
Vaccinazione obbligatoria: febbre gialla.
In una parola:
Jambo (ciao in Swahili)
Esperienze da vivere:
Inerpicarsi nella Foresta di Bwindi, Uganda per vedere i gorilla silverbacks; Dormire in tenda nei leggendari parchi nazionali dell’Africa Orientale dopo un safari; Incontrare i Masai del Kenya e Tanzania.
In questa grande avventura abbiamo noleggiato un vecchio truck 4×4 militare, modificato per il trasporto, spartano, di avventurieri a Nairobi, Kenya e quasi un mese dopo, l’abbiamo riconsegnato nella stessa città dopo aver percorso più di 4000 km attorno al Lago Vittoria.
Dormiremo quasi tutte le notti in tenda nei più leggendari parchi nazionali dell’Africa Orientale, cucineremo utilizzando la nostra cucina da campeggio. Entreremo a contatto con la cultura Masai del Kenya e Tanzania; ci inoltreremo nella foresta detta “impenetrabile” del Bwindi National Park, Uganda, alla scoperta degli ultimi gorilla silverback; ci commuoveremo nel Museo del Genocidio di Kigali, Rwanda fino a rituffarci nuovamente nella vita della savana africana con il nostro goffo camion verso parchi quali Serengeti o Ngorongoro, Tanzania…
Naturalmente questa non pretende di essere una guida di viaggio ma semplicemente il racconto di una grande avventura in Africa!
Il nostro itinerario suggerito (1 mese) | |
una settimana: | Nairobi, Nakuru NP, Masai Mara NP, Kisumu (Kenya) |
due settimane: | Kampala, Masindi, Murchison NP, Fort Portal, Queen Elizabeth NP, Kisoro, Bwindi NP (visita ai silverbacks) (Uganda) |
due giorni: | Kigali (visita al Genocide Memorial), (Rwanda) |
dieci giorni: | Mwanza, Serengeti NP, Ngorongoro NP, Mto Wa Mbu, Lake Manyara, (Tanzania) |
1 giorno: | transfer verso Arusha o Nairobi e volo verso principali città africane e oltre |
Atterriamo a Nairobi nel cuore della notte e, dopo aver espletato le varie formalità doganali, prendiamo possesso del nostro truck 4×4 diretti subito a Nakumatt, grande supermercato di Nairobi, dove ci riempiamo la nostra cambusa di ciò che ci servirà per tutto il prossimo mese di safari!
Nairobi ci accoglie con il suo caos, i suoi grandi edifici, il disordine proprio delle grandi città africane ed i suoi marabù che dominano il suo cielo inquinato e popolano a mò di grandi frutti gli scheletrici alberi.
Il trasferimento verso il Nakuru National Park ci comincia a far respirare un po’ di vera Africa.
Restiamo attoniti dinanzi alla grandezza della Rift Valley…
Procediamo lungo una lingua d’asfalto grigia incontrando di tanto in tanto famiglie di babbuini, sedute sulla terra rossa, che osservano indifferenti il traffico..
Nel frattempo saliamo fino a quota 2500 metri per raggiungere il nostro primo camp: Kembu Campsite.
Splende alto il sole anche se fa freschetto e montiamo presto le nostre tende formando il nostro primo accampamento!
Il camion attrezzato è un ottimo mezzo per avvicinarsi con rispetto agli animali ed ammirarli da vicino.
Ecco i primi babbuini, poi gli gnu, i bufali, le gazzelle… è un crescendo di incontri eccezionali e di emozioni.
In lontananza un leopardo che con eleganza scende da un albero, un gruppetto di giovani leoni che si rilassano sotto un’acacia, zebre che trotterellano tranquille, gnu brucano la rada erba insieme a dei goffi facoceri, alcune gazzelle di Thomson ci scrutano incuriosite, dei bufali passeggiano stanchi senza meta, un impala corre impaurita: stiamo timidamente entrando nel loro mondo!
Partiamo di buon’ora in direzione Narok.
Entriamo nel regno dei Masai.
Ci impelaghiamo in un’impresa ardua quando decidiamo di comprare un pezzo di ghiaccio per il nostro cool box…
Seguiamo Hernest ed Alì tra mille viuzze strette e affollate del mercatino locale; spesso ci imbattiamo in vecchi Masai che ammiriamo con una sorta di timore riverenziale; indossano costumi rosso acceso, tante decorazioni fatte di perline multicolori al collo, ai polsi, alle caviglie e alle orecchie da grandi fori oltre che l’immancabile bastone multiuso tra le mani.
Poco prima di entrare nel parco nazionale di Masai Mara ci fermiamo a visitare, dopo aver contrattato con il capo tribù, un villaggio Masai.
Ci danno il benvenuto con una serie di balli e canti fino alla classica danza dei salti. Ci raccontano della loro vita di nomadi, ci mostrano la loro quotidianità, le loro capanne di paglia e ci spiegano come accendono il fuoco usando solo pezzettini di legno.
All’alba varchiamo il cancello del parco nazionale Masai Mara. Comincia un altro entusiasmante safari!
Incontriamo tanti animali e ogni volta ci incantiamo ad osservarli, ad immaginare la loro vita selvaggia, ad analizzare e studiare ogni singolo dettaglio o movimento; ci perdiamo seguendo con lo sguardo le strisce nere delle zebre, tutte differenti, o le chiazze giallo-marroni delle placide e buffe giraffe.
Branchi di elefanti passeggiano annoiati, altri brucano l’erba strappando, a volte, interi cespugli con la forte proboscide mentre uno piccolino trotterella cercando di capire come utilizzare la piccola protuberanza…
Alcuni struzzi alzano il lungo collo spelacchiato per osservarti; una iena si stiracchia all’ombra di un grande cespuglio fino al maestoso leopardo che scende imperioso da un albero di acacia.
Decine di carcasse o vecchi scheletri di gnu sparsi un po’ ovunque ci ricordavano che quello era un’area di grande caccia e di minacciosi predatori… la catena della vita!
Viaggiamo quasi tutto il giorno per raggiungere la cittadina di Kisumu sul lago Vittoria.
Lungo il tragitto cominciamo ad avere una prima percezione della vita quotidiana kenyota. Attraversiamo numerosi villaggi di capanne di paglia e fango; donne e bambini in fila al pozzo d’acqua con grandi bidoni gialli in mano o in perfetto equilibrio sul capo.
Incuriositi ci fermiamo a visitare un paio di mercatini locali, gironzoliamo tra venditori di ogni mercanzia, soprattutto scarpe e abiti usati ed importati dal consumistico Occidente.
Arriviamo a Kisumu quando è già buio. Sembra essere una cittadina abbastanza grande ed è caratterizzata dal solito abbandono proprio di questi luoghi in cui la sopravvivenza del suo popolo ha la precedenza sull’estetica urbanistica.
Ci fermiamo al Kisumu Beach Resort, un luogo squallido e pieno di zanzare, del resto siamo proprio sulle rive del lago Vittoria… “ma le zanzare non sono malariche” – come tenta di rassicurarci uno dei ragazzi che lo gestisce.
È duro montare le tende dopo 12 ore di truck, stanchi, sudati, affamati, al buio e su un terreno aspro e duro mentre insetti di ogni genere ti ronzano attorno.
Solo la cena preparata da Alì a base di pennette al sugo e tonno riesce a darci un po’ di energia!
Poche ore di cammino e siamo a Busia, ultima città del Kenya: confine.
Qui regna il solito caos disordinato, il via vai incasinato di tutte le frontiere.
C’è chi vuole accompagnarci in bicicletta o motorino all’immigration; tanti ci offrono loschi cambi di valuta stranamente molto vantaggiosi; si vende di tutto e c’è gente da tutta l’Est Africa.
Timbro kenyota di uscita; discussione con un poliziotto di frontiera per una foto innocente alla bandiera; poco dopo, timbro ugandese di entrata mentre la sinuosa e colorata bandiera, poco prima fotografata, sventolando ci dà il benvenuto in questa nazione che ci ospiterà per dieci giorni.
Attendiamo due ore sotto un sole cocente il disbrigo delle formalità doganali del nostro truck: tempi africani, nessuna paura!
Una volta ripartiti notiamo che il paesaggio è completamente mutato. Il rosso della terra del Kenya equatoriale lascia il posto ad un verde lussureggiante, qui piove spesso!
Viaggiamo tutto il giorno fino a raggiungere la caotica capitale: Kampala.
Ci impelaghiamo nel traffico del centro di un sabato sera qualunque; motorini e auto intasano tutte le strade; spesso rischiamo di investire qualche passante; ci sono tanti palazzi di recente costruzione, sedi di banche o ambasciate, che stonano con il paesaggio circostante.
Martin fatica abbastanza per tenere a bada questo grande bestione e due ore dopo, finalmente, arriviamo al Backpacker Hostel per riposare le nostre stanche ossa in un grande dormitorio.
Partiamo alle sei del mattino percorrendo la strada principale che spacca il verde acceso dell’Uganda in mezzo alle capanne di terra e paglia; bancarelle vendono manghi, papaie, carote, cetrioli o letti e divani…
In tarda mattina arriviamo allo Ziwa Rhino Sanctuary e poco dopo, accompagnati da un ranger, ci inoltriamo nella foresta alla scoperta degli ultimi esemplari di Rinoceronte Bianco Nordico.
Poco dopo, ecco ben tre esemplari riposare all’ombra di un grande albero. In fondo sono le 13.30 e ci sono 40°! Dopo qualche minuto uno dei tre si alza in piedi… si scrolla un po’, si guarda intorno, è immenso, ma subito dopo si sdraia nuovamente a riposare.
Ripartiamo alla volta di Masindi e alle 16.30 entriamo nei nostri lodges a forma di capannina, molto accoglienti e con una doccia calda favolosa!
Dedichiamo tutto il pomeriggio a passeggiare in questa piccola cittadina. Facciamo una capatina al mercato della domenica; ci fermiamo in un negozietto di musica; compriamo dei pop corn che lasceremo a dei bimbi al mercato poco più avanti; ne incontriamo tantissimi, bimbi dagli occhi grandi e brillanti come stelle, chiacchieriamo con loro, scattiamo foto mentre il mio cuore si riempie di serenità e pensieri positivi.
Partiamo di buon mattino in direzione del Parco Nazionale Murchison.
Lungo il cammino ci fermiamo a Butiaba e Bulisa, due villaggi di pescatori per ammirare la loro quotidianità.
Butiaba. Una lingua di terra rossa segna il centro del villaggio, tra capanne di paglia, reti da pesca distese sulla spiaggia contornano le sponde del Lago Alberto.
Ci fermiamo in un grande campo di calcio e subito ci ritroviamo circondati da una miriade di bambini con le magliette strappate e comincia una partita con una palla verde di gommapiuma tutta rattoppata…
I pescatori tornano con le vecchie barche dalla battuta, alcuni puliscono le reti, delle donne caricano sul proprio capo pesanti secchi pieni di piccoli pesci e vanno verso il mercato, una donna lava una pentola piegata sulla riva con acqua e sabbia del lago, i bambini giocano spensierati…
Bulisa. Capanne colorate di giallo fanno da sfondo al piccolo mercato. Compriamo un po’ di banane mentre ci aggiriamo tra le bancarelle di vecchie cose usate sotto un sole cocente…
Nel tardo pomeriggio raggiungiamo il camping Red Chilly Hideaway; fatichiamo parecchio a montare le tende su un terreno durissimo, siamo sudati e stanchi e i picchetti si rompono continuamente; doccia fredda e scarsa ma siamo felici!
Alle sette del mattino attraversiamo il fiume e comincia il nostro safari nel Murchison National Park. Incontriamo elefanti, tantissime giraffe, branchi di bufali e gnu, impala, gazzelle di Thomson ma nessun felino… neppure carcasse in giro… qui la vita dei docili erbivori sembra scorrere serena…
Nel pomeriggio in barca navighiamo lungo il canale fino a raggiungere le Cascate Murchison.
Ippopotami sbadigliano annoiati, coccodrilli si rilassano sulla riva con le aguzze fauci in bella mostra; gnu, gazzelle e impala si abbeverano cautamente; un grande elefante barrisce osservandoci irritato, un’aquila pescatrice vola imperiosa e improvvisamente si lancia in picchiata per conquistare un pesce…
Giunti in prossimità della cascata scendiamo dalla barca per scalare una collinetta fino all’apice del salto d’acqua. Saliamo e fatichiamo per raggiungere la vetta, una volta lì, a braccia aperte con milioni di goccioline sul corpo dopo la sudata della salita ci godiamo i suoni armoniosi della natura…
Smontiamo le tende e ripartiamo alla volta di Hoima.
Il tragitto è abbastanza duro per via della strada dissestata e piena di grosse buche.
Incrociamo parecchie scimmie che ci osservano sorprese mentre saltano da un albero all’altro finchè un grande ramo centra perfettamente il parabrezza, proprio il mio lato, e per poco tutto va in frantumi.
Arrivati a destinazione ne approfittiamo per fare un po’ di spesa visto che le provviste cominciano a scarseggiare… il sole è ancora alto nel cielo e noi siamo carichi… decidiamo allora di fare un altro piccolo sforzo e proseguire fino alla tappa prevista per il giorno dopo…
La giornata si trasforma in un lungo trasferimento. Attraversiamo varie aree in cui si dice regni la mosca tse tse e allora siamo costretti a “sigillarci” bene dentro.
La strada è pesante ed improvvisamente veniamo fermati da un pullman in panne che blocca il sentiero. Notiamo che l’asse posteriore manca e in assoluta calma cominciano a scendere tutti i passeggeri scaricando di tutto: enormi sacchi di grano, galli isterici, pentolame, scatole di cartone fino a giganteschi durien…
Con pazienza africana cerchiamo di dare una mano anche noi; zappiamo un intero rialzo di terra per permettere il passaggio del nostro truck.
Il primo tentativo non riesce e per poco il povero Martin finisce addosso al bus…
Ricominciamo a zappare alacremente… secondo tentativo… è pericoloso stavolta riusciamo!
Tutti a bordo e in viaggio fino a sera attraversando campi di the e caffè arrivando fino a quasi 2000 metri.
Finalmente Fort Portal. È sera, è buio ed è difficile trovare la retta via. Ci sistemiamo in un alberghetto in perfetto stile africano; siamo esausti ma Nicolò ci delizia con un buon piatto di spaghetti e speck.
Il mio orologio segna quasi 40°. “Fa parecchio caldo” – penso tra me e me, proprio mentre oltrepassiamo la linea dell’equatore! Che emozione!
In tarda mattinata raggiungiamo l’ingresso del Parco Nazionale Queen Elizabeth; sotto un caldo torrido montiamo le nostre tende e subito dopo partiamo per un game drive… improvvisamente il cielo si oscura e da grossi nuvoloni neri comincia a piovere a dirotto…
L’umore non è alle stelle, siamo stanchi, le nostre tende bagnate, non c’è possibilità di doccia o di relax ma illuminati dalla fioca luce delle nostre torce frontali ceniamo e trascorriamo una bella serata in compagnia.
La sveglia suona presto in questo campo isolato del Queen Elizabeth. I barriti degli elefanti, i ruggiti, il frinire delle cicale, gli ululati degli sciacalli e i cinguettii di mille uccelli diversi risuonano ancora nell’aria.
Apro la zip della tenda e mi affaccio un attimo fuori… è ancora buio.
I rangers armati di kalashnikov chiacchierano seduti su di un tronco dinanzi al fuoco che li ha scaldati tutta la notte.
Mi indicano in lontananza tre grossi ippopotami che passeggiano indisturbati…
Inizia ad albeggiare: è magnifico!
Partiamo per il game drive.
Elefanti, bufali, gazzelle, antilopi; scorgiamo dei giovani leoni che saltellano da un bush all’altro; che eleganza e che tenerezza quando poco dopo cominciano a giocherellare e coccolarsi mentre, a dovuta distanza, tutti gli altri animali della savana osservano con estrema attenzione e rispetto ogni loro singolo movimento…
Devono aver già mangiato visto che non si curano molto di tutte le facili prede che li circondano.
Nel pomeriggio partiamo a bordo di una barca lungo il Kazinga Channel che collega il lago Edward al lago George per un entusiasmante safari fotografico.
Anche qui è un susseguirsi di grandi emozioni: decine di ippopotami che si tuffano in acqua per poi riemergere con quella buffa testa; zebre, antilopi e gazzelle abbeverarsi pacatamente; coccodrilli aggirarsi minacciosi; martin pescatori in cerca di qualche pescetto, poi cormorani, eleganti fenicotteri rosa…
Poco più in là un villaggio di pescatori; è incredibile pensare che queste persone convivano con elefanti, ippopotami e leoni…
In cerchio dinanzi ad un grande fuoco, tra storie, aneddoti e canzoni trascorriamo una delle serate più belle mentre un cielo stellato ci fa da background e i suoni della natura da soundtrack.
Improvvisamente un forte ruggito lontano squarcia l’aria: è la buonanotte del Queen Elizabeth National Park.
Lunga giornata di viaggio verso i confini del Rwanda e Congo. Attraversiamo aree rurali molto povere, piccoli villaggi di capanne di paglia e fango; bimbi dalle tshirts troppo grandi e consunte giocano in libertà; anziani riposano seduti su zolle di terra… incrociamo pure un campo rifugiati dell’ONU, mi dicono che sono alloggiati centinaia di congolesi scappati due settimane prima per via di disordini interni.
Piove a dirotto e non abbiamo voglia di montare le nostre tende, optiamo per un alberghetto.
Ore 6.00. Buio pesto. A bordo di due jeep ci arrampichiamo per raggiungere il Bwindi National Park e la “Foresta Impenetrabile”. La strada è in pessime condizioni e le due ore di viaggio sono alquanto faticose. Oggi è la grande giornata dedicata alla scoperta dei gorilla silverback: questi grandi mammiferi in via di estinzione.
Rapido briefing con i rangers e partiamo con i cercatori di tracce verso questa nuova avventura.
Seguiamo sentieri scavati nella fitta boscaglia pluviale, il percorso è intenso; camminiamo per circa un’ora quando il ranger riceve una chiamata radio dai cercatori di tracce che ci precedono…
Tra quaranta minuti dovremmo incontrare la famiglia di gorilla Silverback.
Ci inerpichiamo attraverso un piccolo sentiero appena ricavato a colpi di machete. Ci aiutiamo aggrappandoci a liane o cespugli fino a che, all’improvviso, sentiamo dei rumori provenire dalla sommità di un albero. Ci fermiamo in religioso silenzio, guardiamo su e intravediamo il piccolo di gorilla che teneramente si fa strada da un ramo all’altro. Buffamente, dopo aver mangiato qualche foglia, cade dall’albero!
Il verso gutturale di un grosso Silverback si fa sempre più vicino. Eccolo, un esemplare adulto dalla schiena argentea dinanzi ai nostri occhi stupiti, a solo due metri da noi.
Si accomoda, mangia qualche rametto e si tuffa nell’ignoto della foresta impenetrabile…
I rangers ci guardano, capiscono che vogliamo seguirlo… comincia la vera avventura…
Loro tagliano tutto ciò che si para dinanzi il proprio cammino con i forti machete, noi li seguiamo come meglio possiamo, sprofondando senza manco vedere dove, giù col sedere su foglie, rami, tronchi viscidi, il fango è ovunque ed ad un certo punto, per non cadere mi aggrappo ad un ramo… peccato che fosse pieno di spine nere e durissime che si conficcano profondamente nella mia mano.
La frontiera Uganda-Rwanda è immersa nella nebbia, c’è solo una sbarra che indica i nomi delle due nazioni con un poliziotto annoiato che osserva le poche persone che transitano… noi, col nostro grande truck, destiamo tanta curiosità.
Le formalità doganali sono rapide ed in pochi minuti usciamo dall’Uganda per attraversare la piccola zona di nessuno a piedi. Welcome to Rwanda.
Il paesaggio muta completamente. Chi se l’aspettava così il Rwanda?
Strade ben asfaltate, prati verdi ben curati, casupole in cemento..
Raggiungiamo presto la capitale: Kigali.
Pranziamo lungo la strada, in una baracca, con delle patate al forno e samosa prima di arrivare al gate del “Genocide Memorial”.
Credevo che dopo Auschwitz e Phnom Penh avessi metabolizzato situazioni assurde, senza senso e da condannare… ma non è stato così.
Il museo comincia con una presentazione storico-politica del Rwanda, dall’avvento dei Belgi fino al sanguinoso genocidio degli Hutu e Tutsi, passando per una mostra dedicata ai bambini fino ai massacri dell’ultimo secolo nel mondo.
La pazzia, la stupidità dell’uomo non ha rivali.
Ho letto, guardato filmati e ascoltato testimonianze dirette raccapriccianti; persone uccise, famiglie sterminate da amici, da vicini di casa, colleghi di lavoro o compagni di scuola solo perché di un’altra etnia.
Com’è possibile che il mondo sia rimasto ancora una volta a guardare?
Mi meravigliavo pensando che la strage cambogiana fosse accaduta nel 1979… ma qui parliamo del 1990!
Partiamo alla volta di Kibungo, siamo ancora sconvolti e silenziosi… ci avviciniamo alla Tanzania.
In poco tempo siamo già a Rusumu, la frontiera, mentre una cascata d’acqua rossa riempie la scena!
Siamo in Tanzania e il paesaggio cambia completamente di nuovo… solo capanne misere sparute, bambini scalzi su strade disastrate…
Lunga giornata di trasferimento fino a Mwanza, sulle sponde del lago Vittoria…
Montiamo le tende al chiarore delle nostre torce frontali ascoltando i versi di un gruppo di ippopotami non lontano…
Mi trovo a macinare km e km sul nostro truck e sogno ad occhi aperti.
Momenti fatti di sguardi veloci ma intensi, sorrisi che ti arrivano dentro, dritti alla pancia. Poi apro gli occhi e mi immergo nelle nuvole, grandi nuvole di panna montata, terra rossa sotto di me. Il verde va fino a dove lo sguardo riesce ad arrivare, fino all’orizzonte più lontano.
Una sosta in un villaggio, scendo dal camion, respiro a pieni polmoni e sento che questa è l’aria giusta per me, sento che non c’è altro posto in cui vorrei essere. Questa terra mi appartiene, o meglio, io appartengo ad essa.
Ed ecco che d’improvviso una bimba alza la mano, io la mia; in un sorriso c’è così tanto amore che è impossibile da contenere, mi sento bene dentro, mi sento bene nel cuore.
Lo sguardo ritorna alla strada, tre piccoli ragazzini camminano ai bordi con delle accette sulle spalle; bici stracariche di banane vengono spinte da uomini con giacche troppo grosse e scarpe di qualche numero in più; nei loro occhi si potrebbe leggere rassegnazione ma è un errore, sono solo occhi stanchi ma pieni di dignità.
Dall’altro lato della strada orde di bimbi saltano, salutano, urlano: “musungu” con allegria infinita, ignari di ciò che non hanno perché mai avuto ma così entusiasti di quel poco che possiedono che ti fanno rendere conto di quanto siamo fortunati nella vita di tutti i giorni anche se ormai manco ce ne rendiamo più conto e la prendiamo come una routine dovuta.
Nel parco del Serengeti piove a dirotto, approfittiamo di qualche minuto di tregua per montare le nostre tende…
E’ l’alba nel Serengeti. Tre iene camminano con passo lento, zebre, gnu, impala corrono impaurite per scappare da chissà quale predatore nascosto…
Improvvisamente due splendidi ghepardi, dal portamento regale e raffinato, ci vengono incontro, ci fissano e poi attraversano lo sterrato e continuano la loro ricerca verso l’orizzonte.
Poco più in là un’altra iena si riposa in uno stagno d’acqua sporca e fangosa.
Due leonesse e poco oltre una carcassa di bufalo… Hanno appena cacciato questo grande animale ed ora vigilano affinché nessun altro predatore si avvicini, attendono l’arrivo del re della foresta… loro mangeranno i resti. Regole della savana.
Varchiamo il gate del parco nazionale del Ngorongoro e veniamo proiettati in un altro mondo. Una pianura infinita che si estende a perdita d’occhio dove pascola indisturbato ogni tipo di animale.
Zebre, gazzelle di Thomson, alcune giraffe ci guardano annoiate… questo è il luogo perfetto di caccia del leopardo, qui i poveri erbivori possono contare solo sulle proprie abilità fisiche visto che non esistono ripari naturali, cespugli o alberi..
Ci fermiamo a visitare un villaggio Masai e dopo un’offerta al capo villaggio abbiamo la possibilità di immergerci nuovamente in un’altra dimensione.
Ci salutano con una danza di benvenuto molto caratteristica e coinvolgente… gli uomini, snelli ed alti, avvolti in vesti rosse intonano un’armonia antica mentre saltano a gambe unite; le donne accompagnano la litania con le loro dolci voci.
Le vesti, le decorazioni sono molto pittoresche e colorate così come i bracciali e le cavigliere…
Poco dopo ci ritroviamo all’interno di una delle tante piccole capanne ad ascoltare le storie di questo antico e fiero popolo nomade, siamo molto incuriositi da questa cultura, dalla loro vita di tutti i giorni e dalle loro tradizioni.
Saliamo a fatica sempre più in alto, raggiungiamo il Simba Camp dove montiamo le nostre tende sotto una grande acacia e godendo di una delle più suggestive vedute dell’intero viaggio; a 2450 metri circa dominiamo il cratere del Ngorongoro.
La notte in tenda è dura, il freddo ci mette a dura prova però un meraviglioso cielo stellato, che sembra caderti addosso, rende tutto più dolce!
Alle 05.00 ci immergiamo completamente nell’antico cratere.
Ngorongoro. Questo termine che suona così buffo, in swahili significa: “buco”. Ed in effetti è un vero foro vulcanico del diametro di 19 km e recinto naturale per centinaia di specie di animali.
Sono circa le sei… un enorme palla arancione timidamente comincia ad apparire all’orizzonte.
Un’esplosione incredibile di fauna dinanzi ai nostri occhi incantati: giraffe, gnu, gazzelle, impala, struzzi, sciacalli, avvoltoi, persino un rinoceronte…
Un branco di zebre si ferma all’improvviso e con estrema attenzione comincia a fissare un punto…seguiamo il loro sguardo impaurito e scorgiamo due giovani leonesse che passeggiano sinuose ed indifferenti, avranno già banchettato…
Tre sciacalli dalle grandi orecchie rincorrono un altro che è entrato nel loro territorio… ancora una volta la savana ci ricorda che ci sono delle regole ben precise da rispettare.
Il freddo ci mette a dura prova però un meraviglioso cielo stellato, che sembra caderti addosso, rende tutto più dolce!
Più avanti. Due figure maestose sfilano con grande eleganza. Una leonessa… ed eccolo finalmente: il re della foresta in tutto il suo splendore.
Marca il territorio… si distende vicino ad un cespuglio mentre la leonessa gli si avvicina complice… gli gironzola attorno varie volte finchè lui, con un balzo “felino”, gli salta alle spalle… il tutto dura poco ma noi siamo increduli, sembra di guardare, in prima fila, un meraviglioso documentario della National Geographic…
Fuori è buio pesto.
Con queste immagini ben impresse nei nostri occhi e nei nostri cuori lasciamo il cratere e la natura verso la cittadina sonnacchiosa di Mto Wa Mbu.
Veloce doccia e usciamo subito a fare una passeggiata in giro.
Due assi di legno, al centro una scacchiera e attorno tanti uomini che discutono di ogni singola mossa. Invitano Mark a fare una partita e sfidare il loro asso, un vecchio Masai grassoccio e dal viso buono. Tutti ad analizzare il duello di pedine ma le regole son diverse dalle nostre e abbiamo dovuto accettare la sconfitta con una stretta di mano.
Le ore del viaggiatore, come le chiamo io, valgono sette volte di più di quelle normali, come per i cani. Qualcuno, forse, l’aveva detto che viaggiare allunga la vita.
Paolo Brovelli
Il nostro truck ci lascia sulle sponde del lago Manyara. Le mosche non ci danno tregua, te le ritrovi ovunque, è uno stress continuo!
Con la nostra guida cerchiamo di goderci questo “game drive a piedi”, prima ci avviciniamo ad un canale dove si sentono degli ippopotami, poi ci incamminiamo verso un villaggio lungo una strada rossa sormontata da infiniti banani.
I bambini sono un continuo sbracciarsi per ricevere un nostro saluto: i musungu. Molte donne, diffidenti, si aprono in un meraviglioso sorriso una volta salutate in swahili.
Ci fermiamo a vedere come producono la birra o il vino con le banane. Eccentrico e non molto gustoso! La guida ci porge un contenitore con del liquido e dopo aver tolto la schiuma superiore ci propone di berlo tutti dallo stesso barattolo… in fondo è la birra dell’amicizia
Seduti nello Scorpion Pub di Mto Wa Mbu, mangiamo un piatto di patatine fritte e pezzi di carne comprati da un baracchino qui fuori e siamo felici della nostra semplicità!
Alle 17.00 mezza città si raduna all’interno del cortile del pub. Proiettano la partita Manchester City – Arsenal. E’ incredibile: circa 150 teste nere, tifosi sfegatati, son lì a supportare la propria squadra del cuore.
Bisogna persino pagare il biglietto (500 scellini, circa 30 cent di dollaro). Pensavo tra me: sarebbe bello se uno di quei calciatori sapesse che in un villaggio sperduto della Tanzania c’erano supporters così fedeli.
Partiamo, per la prima volta, alle 7.30. Non siamo abituati a dormire fino a quell’ora…
In due ore raggiungiamo Arusha, un’altra grande città della Tanzania. Incontriamo parecchi Masai lungo il cammino e rimango sempre più incantato della diversità del mondo!
Da lì la frontiera con il Kenya è vicina…
Solite pratiche burocratiche ma ormai siamo abituati…
Un paio di ore dopo ed entriamo nella grande periferia caotica della capitale. Siamo di nuovo a Nairobi, quasi un mese dopo.
Quante cose son successe, quante avventure vissute e quante storie da raccontare e raccontare…
Un’altra grande avventura è terminata ma quella fiamma brilla sempre più accesa dentro di noi e già non vediamo l’ora di ripartire…
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Bangladesh Capitale:Dacca Moneta:Taka Periodo migliore: L’inverno (da novembre a febbraio)
4 Responses
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You have been in Africa especially Tanzania. Yes you have witnessed the Wilderbeests breeding season in South Serengeti, Ngorongoro Crater, Oldtupai Gorge not sure, Oldonyo Lengai and the Moving sand not sure if so. But anyway I would like to encourage you brother and sisters to come over again for Mount Kilimanjaro trekking. This is the roof of Africa. It’s so wonderful and amazing to be on top of Mount Kilimanjaro because you will be proud of. It’s not dangerous to be there. We have more than 8 routes. And I will recommend to you the Machame route for 7 days. The Machame route has many more acclimatization and vegetation to offer you in order to enjoy the mountain as from day one to day 7. The mountain is climbed throughout of the year. Please I request you honestly and kindly to come back Africa for the free standing alone mountain in the world. Covered with snows on top from the tropical country as well as heigh of 5895m , ft 19341 above the Sea Level. The highest Peak is known as Uhuru Summit. The next two peaks are Stella Point and Gilmans Point.
I welcome you back to explore observe and experience more nature’s and wonders of the highest mountain in Africa, the Mount Kilimanjaro. Really you will enjoy much to be in the top in the morning hours around 0830 hrs East African Time.
Karibu Sana Tanzania Hakuna Matata
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