Periodo migliore:
da Marzo a Novembre
Vaccini:
Consigliati Antitifica, Profilassi Antimalarica (clorochino-resistente)
In una parola:
Dumela (ciao in Tswana)
Esperienze da vivere:
Ammirare le Cascate Victoria nello Zimbabwe, vivere tra gli elefanti ad Elephant Sands, incontro con gli Himba in Namibia e conquistare il Capo di Buona Speranza in Sud Africa
In questa grande avventura abbiamo noleggiato un truck 4×4 a Victoria Falls, Zimbabwe e dopo aver ammirato le possenti cascate, piano piano abbiamo cominciato la traversata verso sud, verso Capo di Buona Speranza attraversando paesaggi sconfinati, deserti, savane, fiumi fino all’impatto con la industriale e moderna Città del Capo, in Sud Africa. Dormiremo quasi tutte le notti in tenda, cucineremo utilizzando la nostra cucina da campeggio.
Il nostro itinerario suggerito (30 giorni) | |
due giorni: | Victoria Falls (Zimbabwe) |
cinque giorni: | Kasane, Chobe NP, Nata, Elephant Sands, Maun (sorvolo sul delta dell’Okavango), Rundu (Botswana) |
una settimana: | Halali, Etosha NP, Onankali, Epupa Falls (visita tribù Himba) |
una settimana: | Palmwag, Spitzkoppe, Swakopmund, Walvis Bay, Sesriem (passaggio sul Tropico del Capricorno), Seeheim (Namibia) |
una settimana: | Springbok, Città del Capo (escursione a Robben Island e a Capo di Buona Speranza), Simon’s Bay (Sud Africa) |
Il sole splende alto nel cielo, fa molto caldo ma, caricati gli zaini sui due nostri trucks, ci dirigiamo subito verso il Camp che ci ospiterà questa notte…
Le Cascate Vittoria, nonostante il periodo di secca, ci offrono il primo grande spettacolo naturale di quest’avventura africana!
Entriamo in Bostwana percorrendo una lunga striscia di asfalto nero ai bordi della quale ogni tanto si incrocia qualche zebra o elefante… che strano leggere il cartello di pericolo: “divieto di inoltrarsi nel bush per presenza di animali feroci“.
Montiamo le tende e, a bordo di una vecchia barca, cominciamo la lenta navigazione sul fiume Chobe; scorgiamo: ippopotami, coccodrilli, elefanti, bufali, impala e tanti uccelli colorati.
Partiamo all’alba alla scoperta del Chobe National Park.
Fa parecchio freddo su questi fuoristrada aperti; come ogni game drive, ci immergiamo subito nella vita selvaggia della savana. Il fiume Chobe scorre tranquillo fornendo ospitalità, rifugio e sussistenza ai numerosi branchi di animali.
Alcuni licaoni, in branco, si avvicinano minacciosi verso un gruppetto di brutti marabù, (non si può certo dire che sia un animale di bell’aspetto!), una dozzina di elefanti, in fila indiana, segue il capo famiglia che li richiama con un potente barrito; alcuni coccodrilli si crogiolano al sole lungo l’argine fluviale…
E’ tutto molto emozionante e naturale, ogni tanto sbuca una zebra, poi una giraffa, alcuni orici e gazzelle di Thomson, due springbok, una leonessa…
Dopo un’intera giornata di truck ci fermiamo a Nata e più precisamente, per la notte, ad Elephant Sands.
C’è una grossa pozza d’acqua che attira tanti elefanti… presto giungono ad abbeverarsi una quindicina di esemplari maschi, (ci hanno spiegato che durante il giorno vanno i maschi e la sera le femmine con i piccoli).
La serata, infatti, è magica! Tre elefantini di pochi mesi cercano la proboscide della mamma, la sua protezione, due grossi maschi si scontrano duramente e il rumore sordo delle loro zanne risuona alto nella notte.
Durante la notte ci assicuriamo di non tenere nessun cibo all’interno delle nostre tende perché da giorni un leone si aggira nel campo e spesso si avvicina un po’ troppo alle tende!
Planet Baobab. Un piccolo resort che cura meravigliosi antichi baobab… ce n’è uno davvero maestoso che dicono abbia 2500 anni! E’ impressionante, ti intimidisce, sembra un vecchio saggio che ti osserva severo…
Finalmente giungiamo a Maun accompagnati da dei grossi nuvoloni grigi!
Ne approfittiamo per montare subito il campo e via di corsa in aeroporto prima che le condizioni meteorologiche diventino proibitive!
Decolliamo con un Cessna proprio quando comincia a piovere ma, dopo una breve virata a sinistra, siamo subito su questa enorme distesa pianeggiante che contorna il fiume Okavango. Avvistiamo tanti animali, qualche elefante, gruppi di antilopi, ippopotami, gazzelle… E’ molto emozionante perché si ha una visione della vita nella savana da un punto di vista privilegiato…
Mi son sentito come uno di quei vecchi missionari che si spostavano da un remoto villaggio all’altro a bordo di questi piccoli aerei… volo alla scoperta del delta dell’Okavango… il fiume che non sfocia in mare e neppure confluisce in un altro fiume ma si disperde in una palude in un’area del deserto del Kalahari nota come: delta dell’Okavango.
Comincia a piovere più intensamente… rientriamo al Sedia River Lodge sotto un diluvio, un’acquazzone che in questi luoghi appare ancora più disastroso… rinunciamo a cucinare e ci rifugiamo nel pessimo ristorante del nostro lodge…
All’alba siamo tutti svegli… non abbiamo riposato molto bene per via della pioggia ma le tende hanno retto il colpo! Ci affacciamo dall’oblò, splende il sole! Meno male!
In jeep raggiungiamo una rada dell’Okavango e sui mokoro (una sorta di piroga ricavata da un grosso tronco) partiamo alla scoperta di questo magnifico fiume scivolando lentamente sulle sue acque, quasi accarezzandolo dolcemente!
Il mio orologio segna 45°, il sole è fortissimo e ci ripariamo come possiamo… improvvisamente i nostri poler si fermano, confabulano preoccupati… sbuca dal fondale tetro un grande ippopotamo, basterebbe poco per farci affondare… in fondo questo è l’animale che miete più vittime in assoluto in Africa…
Osserviamo la scena intimoriti ma poco dopo va via… scampato il pericolo proseguiamo la nostra silenziosa e lenta navigazione…
Penetriamo tra grosse canne mentre antilopi e gazzelle brucano e gironzolano indisturbate… decidiamo di scendere dai mokoro e seguiamo la nostra guida fin dentro al bush tra termitai secolari, cespugli minacciosi ed un branco di zebre che ci osserva stupito!
Sveglia all’alba e, dopo qualche ora di viaggio, siamo alla frontiera con la Namibia.
Il background cambia improvvisamente: le verdi praterie del Botswana sono sostituite da villaggi di capanne di paglia sulla terra rossa; bimbi nudi che accorrono a vedere questo strano mezzo salutandoci con enormi e sinceri sorrisi… la nostra destinazione è Rundu, un paesino sull’Okavango dinanzi all’Angola…
Mark contratta per avere una barca, montiamo velocemente le tende e, poco dopo, siamo nuovamente sulle acque di questo mitico fiume!
È tardo pomeriggio, le nuvole si colorano di giallo, poi di arancione, viola, rosso… lungo l’argine del fiume scorgiamo scene di vita quotidiana locale, gruppetti di donne che fanno il bucato, dei bimbi si tuffano e nuotano incuranti del pericolo dei coccodrilli, due uomini si rilassano completamente insaponati…
…sulla riva angolana, una mezza dozzina di ragazzine ci canta una canzone di religiosa…
..scendiamo dalla barca, località Calai, in Angola, e ammiriamo questo tramonto così speciale!
Dopo aver rimpinguato la cambusa, ci dirigiamo verso l’Etosha National Park…
Trascorriamo diverse ore a girovagare all’interno del parco in cerca di animali… vediamo branchi di zebre, impala, gnu, orici, giraffe, gazzelle, sciacalli e addirittura tre rinoceronti…
Prima che tramonta il sole abbiamo già montato l’intero campo… c’è chi prepara la cena, chi monta le sedie, chi scrive il diario, chi accende il fuoco, chi riempie le bottiglie d’acqua, chi coordina con i drivers l’itinerario del giorno seguente… c’è grande armonia e si sente nell’aria!
Con un cielo stellato che sembra caderti addosso… ritorniamo nelle nostre tende a riposare, domani ci aspetta un’altra partenza all’alba… come tutti i giorni!
Trascorriamo tutta la mattina esplorando l’Etosha NP a bordo dei nostri due trucks; arriviamo fino all’Etosha Pan, una depressione salina di 5000 kmq creatasi 12 milioni di anni fa; mi ricorda molto i Salares boliviani.
La temperatura sfiora i 44° ed il caldo è davvero torrido… vediamo pochi animali, con queste temperature cercano riparo come possono…
Nel tardo pomeriggio cominciamo la lunga traversata che ci porterà all’Epupa Falls… Sta quasi tramontando il sole quando ci fermiamo ad Onankali, un paesino nel mezzo del nulla, scorgiamo un vecchio cartello con la scritta “lodge” ma di strutture nemmeno l’ombra, solo un piccolo cortile con 4 capanne dalle mura di fango…
Concordiamo il prezzo con Mrs Pauline e montiamo le nostre tende… la signora però ci tiene a specificare che possiamo usare solo un bagno all’interno delle capanne… dopo averlo visto decidiamo di farla all’aria aperta!
C’è un piccolo bar accanto al nostro “lodge” (gli africani a volte usano paroloni altisonanti!)… almeno riusciamo a bere qualcosa di fresco stasera!
“Ora che l’uomo ha superato la soglia del 2000 e conquistato nuove mete spaziali, il sogno di visitare nuovi mondi non è più così remoto. Ma fino a quando una vacanza su Marte non diventerà una realtà, è confortante sapere che sulla Terra esistono luoghi che offrono le stesse emozioni delle esplorazioni spaziali. Avventuratevi nell’ignoto: visitate la Namibia”!
Che grande slogan usa la Lonely Planet per pubblicizzare questo luogo!
Qui ci sono luoghi dove lo sguardo abbraccia lunghi tratti costieri e neppure un filo d’erba interrompe il grigiore indistinto; strade sulle quali si può camminare per ore con il cielo come unico tetto… distese di dune ai confini con il regno della fantasia… pianure di rocce arse dal sole…
Il caldo soffocante è quasi snervante, questo è il regno degli Himba, questa pittoresca popolazione che ci ha spinti così lontani, sul fiume Kunene, di nuovo dinanzi l’Angola.
Siamo ad Epupa Falls, un recinto di rami intrecciati in un’area semi desertica… attorno solo qualche cespuglio scheletrico…
Alcuni bimbi nudi si affacciano sull’uscio di questo recinto e ci osservano divertiti ed incuriositi… la nostra guida entra, chiede se possiamo far loro visita offrendo olio, farina e sale appena acquistati per loro
Tre donne con impressionanti trecce impastate nell’ocra, seni lunghi e cadenti rosso terra, tanti monili alle caviglie, ai polsi, una specie di pelliccia marroncina intorno al collo, una cintura di pelle scura lungo la vita, una scultura d’ocra sul capo… ci sorridono e ci danno il benvenuto nella loro antica lingua...
I bambini scherzano, si rincorrono, ridono, vogliono giocare con noi… alcuni sono bellissimi, eleganti, si prendono cura dei fratellini più piccoli con tanto amore… in una capanna c’è una donna con un neonato di pochi giorni, è pieno di polvere, mosche, terra…
In un’altra: una vecchia signora ci chiede dei medicinali perché non sta bene, ci dice che qualunque medicinale va bene per lei… una bimba senza una mano gioca con un palloncino, un altro mastica una palla di carta come se fosse chewing-gum…
…gli uomini sono fuori con i pascoli… restiamo varie ore ad osservare la loro quotidianità sorprendendoci, come sempre, di quanto sia vario e a volte duro questo nostro mondo.
Tornati al nostro campo decidiamo di fare un tuffo in una pozza lungo il fiume Kunene seguendo alcuni ragazzini del posto, proprio a pochi metri dalla cascata!
Viaggiamo per circa 9 ore… attorno a noi solo terra arida bruciata dal sole, di nuovo alberi scheletrici, cespugli senza foglie che continuano ad essere presi d’assalto dalle tante caprette che pascolano osservate da un himba in gonnella e con un bastone tra le mani…
Nel tardo pomeriggio ci fermiamo a Palmwag, giusto per spezzare questo lunghissimo trasferimento.
Siamo di nuovo nel bel mezzo del nulla, è già una fortuna avere l’acqua qui… montiamo il campo all’interno di un delizioso campeggio!
Un cielo stellato farà da tetto a questa nostra serata… decidiamo di dormire senza la copertura della tenda in modo da godere ancora di più di questo ennesimo spettacolo offerto da Madre Natura nell’Africa Australe!
È ancora buio fuori quando suona la sveglia… fa freschetto… illuminati dalla luce della torcia frontale smontiamo le nostre tende e ripartiamo… c’è ancora tanta strada da percorrere oggi!
Il paesaggio è lunare, non un albero, né un po’ di verde se non per delle piccole “welwitschia mirabilis”, piante grasse presenti solo qui, nella Skeleton Coast!
Questo è uno dei tratti più desolati di tutta l’Africa.
Finalmente giungiamo a Cape Cross. Una grossa croce campeggia al centro della baia; il fetore è forte, in lontananza vediamo una macchia scura muoversi disordinatamente… c’è una colonia di migliaia di otarie del capo con i propri piccoli, questo è il periodo delle nascite…
Ho visto tanti cuccioli morti o abbandonati lungo la spiaggia, grosse otarie combattere violentemente, alcune dormire sulla battigia, altre nuotare tra le onde… in lontananza qualche sciacallo osserva pazientemente la scena, attendono il momento giusto per avvicinarsi…
C’erano gruppetti di cuccioli ammassati perché le loro mamme erano andate a pesca e, al ritorno, li ritrovavano grazie solo all’olfatto! L’odore, le grida di migliaia di esemplari ti entravano dentro.
Pensavo tra me e me che la legge della Natura è questa… tanto affascinante quanto cruda!
Nel pomeriggio arriviamo in un posto assolutamente magico: maestosi massi tutto intorno a noi in un paesaggio desertico… Spitzkoppe.
Questa notte pianteremo le nostre tende proprio qui, nel bel mezzo del nulla… non c’è elettricità, né acqua: nulla! E proprio questo “nulla” rende questo posto magico!”
I cambusieri lavorano alacremente perché dobbiamo affidarci solo alla nostra cambusa, centelliniamo la nostra acqua!
La serata ai piedi dello Spitzkoppe (1736 metri, detto il Cervino d’Africa) è veramente magica… questi immensi blocchi di roccia rossa senza età ci circondano e proteggono… siamo solo noi, le nostre tende, i nostri trucks e un cielo stellato infinito…
A rendere ancora più mistico il posto concorrono le numerose pitture rupestri che andiamo a visitare seguendo alcuni percorsi con la nostra guida… ci arrampichiamo su per una enorme roccia, ci infiliamo in una cavità del masso ed ecco questi disegni senza tempo… dopo migliaia di anni dinanzi ai nostri occhi stupiti… chissà chi li aveva realizzati, chissà quanti nel corso dei tempi li avevano ammirati, chissà chi aveva vissuto in quel luogo e chissà per quanto tempo… chissà… quanti chissà… ecco una di quelle cose che ti fa capire quanto siamo piccoli…
In tarda mattinata raggiungiamo Swakopmund… una cittadina completamente fuori luogo in questo background!
Fa abbastanza freddo! Stradine ordinate e pulite, quasi solo bianchi in giro che sembrano usciti da una sitcom americana degli anni 80!
Qualche barbone nero all’uscita della fornitissima Spar che chiede l’elemosina, bambini biondi in giro scalzi, tante villette bianche che fanno sventolare bandiere tedesche e protette da filo spinato sui muri, vari pub con uomini bianchi panzoni che bevono caraffe di birra gelata, caffetterie che vendono strudel, un lungo pontile che ti accompagna verso l’oceano infinito…
Walvis Bay. Cittadina non lontana da Swakopmund con una baia che ospita un’imponente colonia di fenicotteri rosa. Sono bellissimi, è un piacere fotografarli!
Si riparte, abbiamo tanta strada ancora da percorrere, tutto sterrato polveroso e con una forte escursione termica, in poco tempo raggiungiamo i 40° mentre ci avviciniamo al deserto del Namib…
Superiamo il cartello del Tropico del Capricorno e poco dopo arriviamo a Solitaire… il nome è azzeccatissimo… sembra un villaggio fantasma abbandonato nel Far West… qualche carcassa arrugginita di vecchie auto mentre ci fermiamo alla famosa “Desert Baker”, una vera e propria oasi nel deserto famosa per le apple pie!
Alle 04.30 siamo già di nuovo nel nostro truck diretti alla base della duna più maestosa: duna 45 (365 metri). La scaliamo agevolmente mentre il sole timidamente comincia a salire alto nel cielo… in venti minuti raggiungiamo la cima, la sabbia rossa è soffice ed è piacevole camminare scalzi, ci sediamo lungo il crinale ad ammirare questo ennesimo spettacolo!
Sorge il sole: comincia una nuova giornata qui in Africa!
Trascorriamo quasi tutta la giornata in viaggio verso Seeheim, ultima tappa namibiana; fa parecchio caldo e spira un vento caldissimo, quasi fatichiamo a montare le tende…
Fish River Canyon. Il secondo canyon più grande del mondo dopo il Grand Canyon.
Percorriamo un paio di km lungo il crinale e rimaniamo incantati e stupiti dinanzi a cotanta maestosità. Sembra davvero di vedere le ossa del Pianeta Terra…
Non molto lontano ci fermiamo a Noordewer, il confine tra queste due nazioni; le pratiche burocratiche sono lente ma, una volta entrati nel Paese di Mandela, il paesaggio muta notevolmente. Invece di aride rocce e spazi desertici ora ci sono verdi vigneti e campi coltivati, persino la strada non è più un polveroso sterrato ma una pulita lingua di asfalto.
A Springbok montiamo per l’ultima volta il nostro campo e le nostre amate tende… già ci mancano… festeggiamo con una delle migliori cene dell’intero viaggio a base di piadine e fagiolata…
Piano piano ci avviciniamo con i nostri stanchi e impolverati trucks alle porte della immensa città. La sua periferia è un mare di bidonville di lamiera dove manco la polizia può accedervi. È un mondo a parte e fa impressione e tristezza. Fannie dice che qui vivono persone provenienti da quasi tutta l’Africa del centro sud.
Eccoci a Città del Capo. Alloggiamo presso il “Dale Court Guesthouse”, ottima sistemazione a pochi passi dal Waterfront, la zona più turistica.
Ci perdiamo subito tra la folla di turisti, ci sentiamo quasi spaesati noi che proveniamo dalla Namibia, la nazione meno abitata d’Africa, non siamo abituati a vedere così tanta gente.
I nostri trucks stonano nel traffico dell’ora di punta di Città del Capo, il nostro look da safari è quasi fuori luogo quando ci mischiamo coi turisti ben vestiti e profumati!
C’è un’enorme albero di Natale nel centro di Waterfront, tanti Malls illuminati, pubs, ristoranti carini, luci, colori, musiche, artisti di strada… una festa ovunque!
Cheetah Outreach. Non lontano da Cape Town, a Somerset West, sono accolti, curati e, a volte, rimessi in libertà vari felini: ghepardi in primis!
Per la prima volta incontriamo un ghepardo da vicino, ce lo fanno persino accarezzare, ha un pelo irto e duro, un maculato stupendo! E pensare che questo è l’animale più veloce del mondo!
Purtroppo il mare è molto agitato quindi salta il giro in barca alla ricerca delle balene, decidiamo di andare allora a Robben Island, famosa per la prigione dove sono stati detenuti molti prigionieri politici tra cui Nelson Mandela.
Il colonialismo e l’apartheid hanno giocato un ruolo molto importante nella storia di questo Paese, tanta gente ha sofferto ed alcuni di essi, a causa delle proprie idee di eguaglianza, hanno persino pagato con la propria libertà trascorrendo parecchi anni dietro le sbarre!
Capo di Buona Speranza!
Emozionante anche il solo cartello, visto tante volte nei documentari in tv…
Decidiamo di “scavalcare” la montagna facendo una passeggiata di un’oretta, gli scenari sono spettacolari, strapiombi a ridosso dell’oceano verde, poi turchese, poi blu intenso!
Questa natura impressionante ed estremamente perfetta mi ha rapito l’anima!
Nel pomeriggio raggiungiamo Simon’s Bay ed i suoi pinguini del capo.
Eccoli tutti impettiti ed immobili: questi buffi e tondi uccelli, qualcuno ogni tanto si tuffa in acqua, qualcun altro passeggia con la classica goffa andatura pendolante, altri si rilassano al sole… i piccoli, con quel pelo morbido che sembra cotone pieno di cenere si guardano intorno spaesati…
Oggi facciamo visita al Nazareth House, un orfanotrofio all’interno di un edificio stile vittoriano di fine 800, ospita neonati abbandonati, bambini disadattati e anziani…
Mi colpisce molto vedere tanti neonati neri, alcuni hanno solo due mesi, sono tutti molto sereni e coccolati dalle tanti “mami” che lavorano lì. È stato un momento molto toccante per tutti…
Poco oltre c’erano i bambini affetti da handicap… meno male esistono realtà come questa che riescono a dare un briciolo di speranza e dignità a persone così sfortunate…
La nostra visita termina con la casa di riposo… qui cambia tutto, sembrava una scena di “Le pagine della nostra vita”, tanti anziani, tutti bianchi stavolta, ben vestiti, curati e coccolati che trascorrevano gli ultimi pezzi delle proprie vite lì…
Incontriamo Angelina Damiani, una 82enne di Napoli, ospite della Nazareth House. Parla uno stentato italiano e ci racconta che era lì da tre mesi ossia da quando il suo povero marito era venuto a mancare (lo stesso che circa 60 anni prima l’aveva portata in Africa per “business”)… mi fa tanta tenerezza, mi racconta che i figli sono bravi perché ogni tanto l’andavano a trovare… le facciamo tutti un po’ di compagnia prima di andare via…
La suora dello Zimbabwe che ci accompagna in questa visita mi racconta che Mrs Damiani era lì da 10 anni e che non era mai venuto nessuno a farle visita… un brivido…
Stessa casa… bambini neri nascono… anziani bianchi si spengono…
Lasciamo tutti i borsoni pieni di vestiti e giocattoli che avevamo portato dall’Italia proprio per questa occasione e malinconicamente andiamo via…
Ultimo giorno di viaggio! Girovaghiamo senza meta tra il city center e Waterfront cercando di perderci e di gustarci fino alla fine ogni piccolo pezzo di questa enorme città!
Si ritorna a casa con un bagaglio di vita vissuta e di esperienze sempre più pesante. Grazie Africa.
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