Papua New Guinea

Capitale:
Port Moresby

Moneta:
Kina

Periodo migliore:
da giugno a settembre

In una parola:
Em nau! (Fantastico!)

Vaccini:
Raccomandata profilassi antimalarica (clorochino-resistente).

Esperienze da vivere:
Assistere alle mille danze caratteristiche di ogni tribù; Lasciarsi trasportare dal lento ritmo della vita nella foresta primitiva; Viaggiare in PMV

papua new guinea flag

Tra le tribù di un altro tempo

un viaggio rigorosamente in pmv (public motor vehicle), i van pubblici locali, nel cuore più primitivo di questa isola selvaggia sulle orme degli ultimi cannibali

La Papua Nuova Guinea è una penisola dell’Oceania situata sull’Isola di Papua, una grande isola condivisa con l’Indonesia. E’ la seconda isola del mondo: solo la Groenlandia è più grande. La forma e il tipo di struttura dell’isola, insieme con la semplicissima tecnologia degli abitanti, spiegano come mai essa contenga un così gran numero di culture e lingue differenti e come mai sia rimasta distaccata dal mondo e dal progresso per secoli. Anche se la popolazione dell’isola raggiunga solo i tre milioni di abitanti, coesistono almeno un migliaio tra lingue e dialetti differenti.  

Le religioni tradizionali della Nuova Guinea sono assai diverse. È comune credenza che un vasto numero di spiriti e di antenati influenzi le sorti dell’uomo su questa terra.  

Il nostro itinerario suggerito (11 giorni)

due giorni:

Port Moresby

tre giorni:

Mt Hagen (incontro con le tribù)

un giorno:

Whagi Bridge (incontro con le tribù)

due giorni:

Kundiawa (incontro con le tribù)
tre giorni:Goroka (incontro con le tribù)

Scopri la Papua Nuova Guinea in 2 minuti (Video)

Molti gruppi etnici vivevano fino a poco tempo fa isolati ed erano in parte nemici fra loro. La loro convivenza in uno Stato moderno comporta difficoltà politiche e sociali. Il tasso di criminalità è molto elevato.

Manifestazioni, disordini locali e scontri violenti hanno luogo regolarmente.
Dimostrazioni e scioperi possono essere accompagnati da atti di vandalismo, saccheggi ed altri reati violenti. Noi siamo stati fermati in un posto di blocco mentre viaggiavamo con un van locale tra i locali e non è stato un bel momento quando sei circondato da gente arrabbiata brandendo un machete…
Ma non voglio essere tragico! Un viaggio qui vale proprio la pena perché, finora, è il posto più selvaggio e primitivo mai visitato e l’incontro con tutte le tribù, ciascuna con i propri riti e tradizioni, ci ha lasciati letteralmente a bocca aperta! Noi l’abbiamo girata in lungo ed in largo utilizzando i loro PMV (Public Motor Vehicle), van locali che collegano i vari villaggi senza orari o fermate certe! Ma il divertimento è anche questo in un viaggio all’avventura!
Siete pronti ad essere catapultati nella preistoria con noi?

05 ottobre Port Moresby (Papua Nuova Guinea)

Tre ore di volo da Cairns, Australia e atterriamo in questa isola selvaggia. Piccolo spavento all’immigration quando la gentile poliziotta vuole vedere il nostro visto. Visto? Non ce l’abbiamo… avevo tanto studiato on line la questione ed avevo capito che non c’era bisogno per noi… panico… tutto si risolve quando spieghiamo che siamo turisti e non siamo lì per business… ecco un visto di due mesi sul nostro passaporto… addirittura gratuito!

In pochi minuti raggiungiamo il Wellness Lodge di Boroko, periferia di Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea.
Sinclaire, uno dei guardiani si offre di farci da scorta per un giretto dell’area.
Il background è molto “africano”: strade rosse, palme alte, vecchi edifici coloniali abbandonati, negozietti colorati che vendono di tutto. I nativi sono tozzi, neri, con grossi nasi su corpi appesantiti, capelli crespissimi come zucchero filato nero ma di una gentilezza disarmante.

Tutti ci hanno messo in guardia ma, sarà la presenza sicura del nostro bodyguard, saranno i saluti sinceri di tutta la gente incontrata per strada, non mi son mai sentito né a disagio e né in pericolo… d’altro canto è vero pure che molti si avvicinavano a noi ma venivano respinti con discrezione da Sinclaire oltre al fatto che tutti i negozietti erano protetti da alte recinzioni e sbarre metalliche.

06 ottobre Mt Hagen (Papua Nuova Guinea)

Sveglia alle 04.45 del mattino per recarci in aeroporto… da lì avevamo il volo per Goroka… o meglio… pensavamo di averlo… al check in scopriamo che c’è un solo volo per Mt Hagen! Ok, prendiamo quello!
In fila notiamo che siamo gli unici bianchi; sull’aereo l’hostess ci chiede se può fare il suo briefing in pigini (lingua locale)…
Decolliamo… sotto di noi il verde rigoglioso di questo Paese spettacolare ci fa da tappeto, banani, piantagioni di caffè, palme…  
Un’ora e mezzo dopo siamo nell’Highland Papuana… nel cuore più impenetrabile dell’isola; scendiamo la scaletta ed un omino ci dice di prendere i bagagli direttamente dal piccolo aeroplano… che strano… del resto nessuno ci ha mai controllato i documenti…

Fortunatamente ad attenderci c’è Caspar, la nostra guida in PNG!
In pochi minuti siamo subito a bordo di un PMV, uno dei mille che prenderemo da oggi in poi…
Non potevamo crederci, un van così sporco non credo di averlo mai visto finora!

La guesthouse è tinta di lilla, le stanze abbastanza grandi, solo le lenzuola sono un po’ sporche… chiediamo subito un’altra stanza… tanto son tutte libere… presto scopriamo essere sempre gli unici ospiti in tutti i posti in cui alloggeremo…

Ci siamo! Finalmente usciamo a scoprire questa nuova terra! Caspar ci presenta la suocera che, dopo una bella stretta di mano, come se niente fosse, tira fuori da una tasca un osso di pollo e ricomincia a succhiarlo… Percorriamo un lungo tratto a piedi. I bimbi si fermano a guardarci sorpresi, a volte quasi spaventati ma dopo un nostro sorriso tutte le barriere decadono…

Prendiamo un PMV alla stazione principale… che delirio di gente… Caspar e gli altri due uomini che ci scortano faticano a starci dietro; decine di van in movimento, persone che salgono e scendono, ognuno portando qualcosa, chi grossi sacchi strappati, chi galline impaurite, chi urlava il nome della destinazione, le donne con i tipici bilum sulla fronte (borse fatte a mano)…

In 20 minuti raggiungiamo uno sterrato tra alti banani e immerso in una vegetazione fittissima, siamo nel villaggio Awi.
Ci accolgono gruppi di bimbi, donne dagli occhi curiosi e uomini dal sorriso facile.
James, il capo villaggio, ci invita ad entrare nel giardino di una capanna dove alcune ragazze, dal viso truccato di nero, ampie gonne di paglia e vistose collane sul seno nudo si preparano per la danza tradizionale: Cili Moli.
Tutti i vicini accorrono sul prato per godersi lo spettacolo… è davvero emozionante ammirare quei riti ancestrali…

Restiamo a chiacchierare un po’ con gli abitanti del villaggio: ragazze e signore fumano sedute a terra e subito mi offrono una loro sigaretta. Non posso rifiutare. Mi godo questa sigaretta anche se un po’ troppo forte per me, in compagnia di queste meravigliose donne che ripetono il mio nome, mi sorridono, mi abbracciano… che bella sensazione di comunità. Ci scattiamo tante foto e ci guardiamo sorridendoci senza parlare… ma solo noi donne sappiamo quante cose ci siamo dette sotto quel telone sotto la pioggia leggera che risuonava lieve.

07 ottobre Mt Hagen (Papua Nuova Guinea)

La sveglia suona presto in questa piccola baracca di legno senza nome che trema al passaggio di ogni veicolo…

Il gentile proprietario della guesthouse ci dà uno strappo fino al villaggio di Kumunga; la strada è in pessimo stato ma con il pick up 4×4 ce la caviamo alla grande!

Arriviamo in uno spiazzo dove ci sono alcune capanne, una signora molto vecchia si affaccia incuriosita e subito ci viene incontro abbracciandoci!

In un angolo cinque donnone della tribù “Molke” si preparano per la danza Weldo”.
La preparazione è lunga e richiede tanta pazienza e precisione nel trucco. Tutto il viso è colorato seguendo degli schemi che si tramandano da chissà quanto tempo, le piume dei vari uccelli sono scelte accuratamente e conservate in base al tipo di uccello nelle pagine di una rivista locale.

Seguiamo questi riti con estrema attenzione incantandoci pensando alla storia di questa antica tribù, una comunità che espone su un ramo di un albero una lunga serie di mandibole di maiali: sono i suini che la famiglia ha ucciso nel corso del tempo e maggiore è il numero, più alta la considerazione che essi ricevono.

Mi colpisce un teschio più piccolo. È l’unico e diverso dagli altri. Mi spiegano tranquillamente che è quello di un cane. Un cane? Sì, loro mangiano cani, gatti, casuari, serpenti… più li conosco e più mi rendo conto di quanto siano diversi da noi e, in un certo senso, ancora selvaggi…
Non solo nelle abitudine ma anche nella costituzione corporea: i loro visi sono più simili a quelli dei cavernicoli che ai nostri. Non si lavano, la maggior parte cammina scalza e con piedi che ormai sono duri come la gomma… mi dispiace dire queste cose ma è la pura ed oggettiva verità. In compenso hanno un cuore d’oro e quando ci incontrano per strada sono sempre felici della nostra presenza!
Sono davvero così selvaggi? Risolvono i propri problemi con le altre tribù uccidendosi con fionde o archi e frecce…

Gli indigeni del villaggio erano particolarmente orgogliosi perché da qualche tempo avevano anche l’elettricità e quindi si sentivano autonomi al 100% perché ora potevano caricare pure i cellulari!

Nel marasma generale mi colpisce una ragazza: Sharon, che timidamente ci scatta, di nascosto, qualche foto con una vecchia macchina fotografica digitale! Mi incuriosisco e le chiedo se possedesse un PC… in fondo siamo nella jungla… e lei: – “No”… – “e dove le guardi le foto allora?” – e lei, meravigliosamente: “ …sul display della macchina!”

Comincia la cerimonia. Che emozione guardare quelle signorone dalle grandi pance, dal seno cadente, dai visi multicolori, dai feticci che adornano varie parti del corpo e da mille piume colorate in testa che cantavano la loro vecchia litania…

08 ottobre Whagi Bridge (Papua Nuova Guinea)

Conosciamo un 60enne natio del posto che da bambino era stato adottato da una famiglia olandese e, attorno ad un caldo fuoco in una capanna, ci racconta qualche aneddoto della sua vita e dei suoi ricordi da bambino.

Ci racconta che la mamma, quando era in periodo mestruale veniva allontanata dal villaggio per qualche giorno perché tale fenomeno veniva considerato come un evento maligno!

Ci ha parlato un po’ del corteggiamento, il cosiddetto “courtship” che, poco dopo, abbiamo potuto ammirare in una ricostruzione da parte degli abitanti del villaggio attraverso la “sing sing dance”.

Ogni tanto si teneva, all’interno dei villaggi, una specie di grande incontro di tutti i giovani da maritare… ci si sedeva gli uni accanto agli altri e si cantava muovendo le spalle e la testa piena di piume in modo da attirare le attenzioni dei ragazzi non solo per la propria bellezza ma anche per i colori del proprio trucco oltre che dai movimenti suadenti…

09 ottobre Kundiawa (Papua Nuova Guinea)

In un’ora di PMV raggiungiamo Mingende e Caspar ci mostra il luogo dove dovremmo trascorrere la notte: un’altra catapecchia.

Giusto il tempo di posare gli zaini e di lavare le mani che siamo di nuovo in giro. Tuttavia le mani resteranno pulite per pochi minuti visto che tutte le persone che incontriamo per strada si fermano a stringercele… tutte… persino chi passeggia nella corsia opposta… attraversa solo per toccarci!

Ci inoltriamo nuovamente nella jungla e stavolta siamo ospiti della tribù dei “Ghost”. Uomini e bambini dipinti da scheletri che rappresentano la storia del fantasma (una figura mitologica mezzo lupo e mezzo topo) che terrorizza il villaggio.
L’esibizione è suggestiva, il background molto pittoresco e, nascosto tra i grandi cespugli, c’è l’intero villaggio che osserva la scena incuriosito.

Poco dopo ci spostiamo in un altro villaggio.
La tribù dei Narku ci mostra spezzoni della loro quotidianità, dalla ricerca del miele alla coltivazione delle canne da zucchero fino al rito del matrimonio. L’offerta del papà dello sposo, la negoziazione, l’incontro delle due famiglie fino alla separazione della sposa dalla propria famiglia in modo definitivo.

10 ottobre Goroka (Papua Nuova Guinea)

Il tragitto da Kundiawa a Goroka dura circa due ore e mezzo e, nonostante il PMV, è davvero piacevole arrampicarsi su per quei pendii per poi ridiscendere verso valle.
Mentre ammiriamo questa vegetazione così fitta e tenebrosa avviene l’inaspettato!
Notiamo ai bordi della strada un camion fermo e zeppo di persone come tante formiche sulla carcassa di un grande insetto morto.
Un uomo lancia con forza una grande canna di bambù a terra proprio dinanzi a noi.
Tutti i passeggeri impauriti chiudono di getto i finestrini e ammetto di preoccuparmi quando scorgo lo sguardo terrorizzato dell’aiutante dell’autista seduto accanto a me.

Immediatamente il nostro van viene circondato da una ventina di uomini armati di macheti e bastoni che urlano e battono sui vetri del PMV facendo sussultare il mezzo.
L’aiutante dell’autista osserva il tutto pietrificato con espressione da ebete.
Stefy sprofonda nel cappuccio della sua felpa nera per non dare tanto nell’occhio, i nostri zainetti vengono d’istinto nascosti sotto i luridi sedili; questi uomini sporchi e arrabbiati continuano ad urlare chissà cosa e da un buco del finestrino alcuni passeggeri porgono loro dei soldi.
Capisco solo improvvisamente uno urlare: “pass through” e l’autista, ancora bloccato, accelerare al massimo mentre un camion che viaggiava in direzione opposta veniva fermato ed assaltato.

Nessuno commenta, nessuno parla, qualcuno apre timidamente il finestrino e proseguiamo per la nostra strada.

Il “Gehetoka Lodge” che ci ospita a Goroka è molto modesto ma almeno è pulito!

In venti minuti di strada dissestata raggiungiamo uno spiazzo dove ci attende Alì che, nonostante la lunga barba e il nome islamico in realtà non è musulmano ma orgogliosamente afferma di essere “cristiano evangelista”.

Qui la religione dipende solo da quale chiesa, moschea o tempio sia più vicina alla tua capanna!

Losco figuro che ci conduce lungo un pendio fangoso tra capanne fatte di rami intrecciati e piante meravigliose. Giungiamo alle porte del villaggio Giremiaka, ospiti della tribù degli Asaro e dei leggendari “uomini fango”.
Le donne cucinano il “mumu”, verdure cotte al vapore sottoterra e avvolti da grandi foglie di banano.

I mudmen appaiono improvvisamente alle spalle di alcune capanne, si muovono molto lentamente scrutando tutto ciò che li circonda. Indossano grosse e pesanti maschere di terracotta che servono a spaventare i nemici. Alcuni hanno arco e frecce, altri enormi bastoni. Ci mostrano come accendono il fuoco con rametti di bambù e ramoscelli di legno.

Quante mani stringiamo… a volte, quando passo per le strade mi capita di vedere degli sguardi lontani, quasi duri… poi in due secondi ecco esplodere un sorriso incontenibile che ti fa vincere ogni piccola distanza! Il linguaggio dell’amore e della gentilezza è del cuore e basta.

11 ottobre Goroka (Papua Nuova Guinea)

Peter ci conduce su per la montagna e dalla cima godiamo di un panorama meraviglioso! Tutto è rigoglioso e splendente! C’è una così grande varietà di fiori da far invidia al più bel giardino botanico!
Arriviamo ad una caverna e prima di entrarvi, Peter raccoglie delle foglie che useremo come “chiave” dopo aver ottenuto il permesso degli spiriti della montagna!
Ci infiliamo uno alla volta in una micro fessura mentre Mark si incastra per via dello zaino  proprio quando un pipistrello  gli sbatte sulla testa!

Siamo a Gurupoka, ospiti della tribù dei Himakupo. Questi uomini hanno il corpo dipinto di strisce bianche, sono mascherati ed emettono dei suoni gutturali facendo muovere l’astuccio penico mentre ballano la suggestiva “moko moko dance”

Conosciamo la capo villaggio Susan, una bella donnona fiera ed autorevole; ci dice che tutta la terra che vediamo attorno a noi è sua, ci indica un albero di avocado e fa raccogliere un intero casco di banane per noi dal sapore irresistibile.
Ci racconta che suo marito è malato da circa due settimane, s’è ammalato perché l’invidia dei familiari s’è trasformata in un maleficio visto che loro posseggono una macchina e una casa “permanente” (poco più che una capanna).
Lo vediamo sofferente in lontananza con un gonfiore enorme sul lato destro del collo.
Susan allora decide di portare il marito presso un gruppo di “Guerrieri della preghiera” e ha ricevuto così la “Risposta”: tutto è stato causato dalla invidia dei parenti.
Le chiediamo subito se l’avesse fatto visitare da un medico ma la sua risposta ci lascia basiti: “Molta gente perde tempo portandoli in ospedale ma io no! Mica sono stupida!”
Non sappiamo cosa rispondere dinanzi a tanta convinzione, riusciamo solo a dire cosa avremmo fatto noi al suo posto… ma lei ci rassicura: “Domani tutto si risolverà, verranno i nostri parenti a chiederci scusa e lui subito guarirà!”

12 ottobre Goroka (Papua Nuova Guinea)

Raggiungiamo il villaggio di Keiya nella periferia di Goroka. Il paesaggio è come sempre spettacolare. Questa natura ti inghiotte togliendoti il respiro.
Incontriamo Steven ed alcuni membri della sua tribù.

Ci inoltriamo in un “luogo segreto” ai margini del fiume Asaro attraversando ponti sospesi ed infilandoci in sentieri dall’erba altissima e camminando nel fango proprio lungo l’argine del fiume mentre cominciava a piovere.

Steven ci spiega che fino a circa 40 anni fa veniva praticato il rito dell’iniziazione nei confronti degli adolescenti che si trasformavano in “uomini”.
Venivano rinchiusi un paio di mesi in una capanna lontana dal villaggio dove il saggio della tribù insegnava loro a diventare adulti! Il tutto veniva suggellato da una cerimonia in cui venivano infilati dei ramoscelli nelle narici dell’iniziato finchè non sanguinavano copiosamente poi, con un piccolo arco e freccia lasciavano una serie di taglietti sulla lingua.

Lungo l’argine del fiume, mentre comincia a piovere ed un amico di Caspar ci ripara con una grossa foglia di banano appena tagliata col machete e noi sprofondavamo nel limo del terreno, Steven e due anziani, in abiti tradizionali, rievocano questo vecchio rito bandito dalla religione decenni fa.

13 ottobre Port Moresby (Papua Nuova Guinea)

Lasciamo l’Highland della Papua Nuova Guinea alla volta della capitale in volo con la PNG Airlines… che avventura!
Il check-in avviene in una stanza sporca con due uomini che scrivono a penna il nome di ogni passeggero senza controllare neppure i documenti o i bagagli…
I passeggeri sono uno spettacolo! Chi scalzo, chi con la maglietta strappata, tutti disorientati, alcuni avevano come bagagli a mano una gallina o una lattuga o un’ananas… Mentre attendiamo di imbarcarci, una signorona spulcia la testa crespa della figlia, a mò di scimmia, ma addirittura avvicina le dita alla bocca ogni volta che trovava qualcosa…

Salutiamo e ringraziamo il nostro amico Caspar Dama che ci ha condotti negli angoli più sperduti della sua terra con la promessa di rivederci di nuovo, perchè noi vogliamo ritornare in questa che consideriamo la terra più selvaggia mai visitata!

Il volo dura un’ora e mezzo e siamo di nuovo nel caos di Port Moresby… ma il nostro atteggiamento ora è diverso, non siamo più così timorosi come due settimane fa… ora proveniamo dall’Highland Papuana e, come gli adolescenti di Keiya che diventano uomini nel fiume Asaro, ora affrontiamo senza paura la pericolosa capitale!

68 Responses

    1. Hi dear Balaji, we didnt take any tour guide company but just a kind of tour guide, actually he was a local guy who has helped us when we were alone in the jungle to find the tribes… if you need any info i can forward you his contact

      1. Hi Mark! Please, could u give me this contact in order to try to live ur amazing trip? Thanks in advance

        1. Ciao Giulio, nice to meet you, si chiama Caspar. Cercalo su facebook : Caspar dama e contattalo pure a nome nostro, di sicuro ti tratterà bene. Facci sapere se ti serve qualcosa

  1. Thank you for visiting my country.
    I realized you didn’t visit the Islands part of this beautiful country.
    Most welcome anytime

    1. Thanks dear for your kind message, this means that we have a good excuse to come back there again!
      How have you found our reportage? I’m very interested in your opinion

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